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    cucina, storia locale

    01 Dicembre 2010 | in categoria/e cucina storia locale

    SPECIALE FESTIVITA' - Nonno, come si festeggiava il Natale una volta? (con traduzione in spagnolo per i lettori dal Sudamerica)

    SPECIALE FESTIVITA' - Nonno, come si festeggiava il Natale una volta? (con traduzione in spagnolo per i lettori dal Sudamerica)Cartolina natalizia anni '30

    Anche quest’anno il periodo natalizio viene accompagnato da un’enorme quantità di inutili gadget made in China; babbi natale dal vestito di un rosso troppo sgargiante insieme ad angioletti poco credibili pronti a decorare i nostri alberi. D’altra parte oggi la Cina produce ben l’80% degli addobbi nel mondo. E pensare che a Pechino il 25 dicembre è un giorno come un altro... E puntuali come l’influenza con le feste arrivano i sondaggi delle spese natalizie poichè ormai siamo talmente abituati a perdere di vista il vero significato della ricorrenza da non accorgerci più di nulla, freneticamente impegnati nella "corsa ai regali" . Non è sempre stato così; ascoltando i racconti delle persone che negli anni ’30 e ‘40 hanno vissuto l’infanzia e l’adolescenza il Natale assume sfumature semplici ma felici nonostante la miseria e la guerra torturassero i nostri borghi, in particolare quelli di Riva e Renà a causa della presenza dei cantieri navali, ambito bersaglio militare. Sono quelle voci mature, roche ma un tempo fanciulle che vivono la differenza tra le due epoche a rimproverarci duramente: «Avevamo poco ed eravamo contenti, adesso si ah tutto e non si è contenti di niente».

    La cena di Natale: cavolo bollito e frixieü  I bambini di allora erano soliti festeggiare la vigilia consumando una cena a base di cavolo bollito e frittelle preparate con farina di castagne e uvetta, i cosiddetti frixieü, che rendevano felici tutta la famiglia riunitasi per aspettare la mezzanotte insieme a parenti ed amici. I tradizionali ravioli liguri cucinati per il pranzo di Natale, venivano preparati con un ripieno di pane, un po’ di formaggio, uova e verdura; la carne infatti era troppo costosa oltre che difficile da trovare. I pesci o i polpi pescati talvolta dai bambini non venivano cucinati in famiglia ma venduti per comprare farina e patate. Nel dopoguerra invece, le galline, i capponi, i polli e i tacchini venivano acquistati vivi al mercato alcuni giorni prima delle festività e fatti ingrassare con fave secche o granoturco. Una volta uccisi venivano solitamente consumati lessi.

    Per i più fortunati un pezzo di torrone I bambini più fortunati ricevevano in dono un pezzo di torrone, preparato dalla storica pasticceria e confetteria della famiglia sestrese Rossignotti, famosa già all’epoca.

    L’albero di Natale? Un ramo di ginepro A sostituire il nostro sfarzoso albero di Natale, vi era un ramo di ginepro abbellito con fichi, mandarini, a volte una caramella; la frutta era considerata dai più piccini una vera leccornia.

    Nei boschi alla ricerca del muschio Le statuine del presepe rappresentavano un vero lusso in quegli anni, non tutti le possedevano. Per il fondo veniva utilizzato il muschio raccolto sui nostri boschi con cura e attenzione come ricorda Franco Poggioli nel suo libro edito da Bastogi ‘Riva e Trigoso nei ricordi di 60 anni fa’: «si prendeva di solito quello migliore, di maggior spessore e dal colore verde acceso, ricercato anche quello leggermente argentato che dava l’impressione di essere innevato ma che era piuttosto raro». La sabbia e qualche sassolino tornavano utili per contornare la carta azzurra che raffigurava i fiumi.

    Capodanno in spiaggia La sera di Capodanno sulla spiaggia i ragazzi creavano un grosso fantoccio di paglia che stava a simboleggiare l’anno vecchio bruciato allo scoccare della mezzanotte per lasciar posto all’anno nuovo.

    Epifania: c’era la ‘befana fascista’ Durante l’Epifania i bambini più poveri ricevevano dalla befana un pezzo di carbone; non quello di zucchero colorato così di moda negli anni ’90! Non a tutti i bimbi meno fortunati era riservato il pacco detto della "befana fascista", facente parte di un progetto di politica assistenziale lanciato a partire dal 1931. Il pacco conteneva dolci e talvolta anche indumenti; coloro che non potevano acquistare la "divisa" dei figli della lupa, ricevevano infatti un paio di pantaloni corti, una camicia nera da indossare con le bretelle bianche e il berretto alla "turca". Tra tutti questi doni vi era anche una fotografia del duce.

    Dal dopoguerra cambia tutto Negli anni del dopoguerra i ricordi legati al Natale iniziano piano piano a cambiare; compare la tradizione dell’albero di Natale, i genitori insieme ai loro bambini si incamminano sui boschi per cercare l’abete per loro più bello che veniva poi addobbato con le prime palline decorative in vetro, oggigiorno molto rare da trovare. Sulle tavole compaiono i piatti della tradizione: ravioli liguri o pastasciutta, "qualche fetta di carne", ed il classico panettone genovese. Una vera festa molto attesa da quelle mamme e da quei papà che avevano passato la guerra e che ora si ritrovano a cantare Tu scendi dalle stelle insieme ai loro bambini, figli di una nuova epoca, ma ancora con la voglia e la gioia di stare tutti insieme.

    Il regalo più prezioso: la radio Talvolta c’è chi ricorda il primo regalo importante ricevuto; lo stupore di ascoltare canzoni e poesie natalizie attraverso una radio, come Angela che ricorda commossa: "Quando l’abbiamo comprata e lo abbiamo portata a casa…Oh che festa! La radio! Si sentiva parlare e si cantavano le canzoni di Natale!"

    Maura Bregante
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    Abuelo, en tus tiempos ¿cómo se celebrava Navidad?

    Cuando el árbol de navidad era una rama, la epifanía era fascista y el carbón no era de azúcar


    También este año el período natalicio está acompañado por una enorme cantidad de objetos inútiles fabricados en China, Papás Noel con un rojo demasiado chillón con unos angelitos poco creíbles para decorar nuestros arbolitos. Por otra parte en China se produce más del 80 % de los adornos mundiales; y pensar que en Beijing (o Pekín) el 25 de diciembre es un día como cualquier otro. Y puntuales como la gripe con las fiestas llegan las encuestas de los gastos para las fiestas dado que estamos tan acostumbrados a perder de vista el verdadero significado de la celebración, no dándonos cuenta de todo el resto, dedicados al frenesí de la “carrera a los regalos”. No siempre fue así, escuchando los relatos de quienes vivieron su infancia y adolescencia en los años ’30 y 40, la Navidad adquiere perfiles simples pero felices a pesar que la miseria y la guerra torturasen nuestras ciudades, especialmente las de Riva y Renà por la presencia de los astilleros navales, blanco militar por excelencia. Son esas voces maduras, roncas y al tiempo aniñadas que viven la diferencia entre dos épocas las que duramente nos reprochan: “teníamos poco y estábamos conformes, hoy tenemos de todo y no nos conformamos con nada”.

    La cena navideña: coliflor hervido y “frixieüLos chicos de entonces solían festejar la vigilia consumiendo una cena cuya base era de coliflor hervido y unas frituras preparadas con harina de castañas y pasas de uva, llamadas “frixieü”, que daban alegría a toda la familia reunida esperando la medianoche con parientes y amigos. Los tradicionales ravioles lígures cocinados para el almuerzo natalicio se preparaban con un relleno de pan, un poco de queso, huevo y verdura, la carne era cara y difícil de conseguir. Los peces o los pulpos pescados a veces por los chicos no se comían en familia, se vendían para poder comprar harina y papas. Envés después de la guerra, las gallinas, los capones, los pollos y los pavos se compraban vivos en el mercado algunos días antes de las fiestas y engordados con habas secas o maíz. Una vez matados habitualmente se consumían hervidos.

    Para los más afortunados un trozo de turrón Los chicos más afortundos recibían como regalo un trozo de turrón, preparado por la histórica pastelería y confitería de la familia Rossignotti de Sestri ya famosa en aquella época.

    ¿El arbol de Navidad? Una rama de enebro Substituyendo nuestro aparatoso árbol de navidad, teniamos una rama de enebro embellecida con higos. Mandarinas y, aveces algún caramelo; la fruta era considerada por los más chicos una verdadera golosina.

    Por los bosques a la búsqueda de musgo Las estatuillas del pesebre, e aquellos años, eran un verdadero lujo, no todos las tenían. Para el fondo se usaba el musgo, recogido con cuidado y atención en nuestros bosques, como recuerda Franco Poggioli en su libro “Riva e Trigoso en los recuerdos de hace 60 años” editado por Bastogi “frecuentemente se tomaba el mejor, de mayor espesor y de color verde brillante, también se buscaba el más raro ligeramente plateado que daba la impresión de estar nevado”. La arena y piedritas eran útiles para contornear el papel azul que representaba los ríos.

    Año Nuevo en la playa En la playa, la noche de fin de año, los muchachos confeccionaban un gran fantoche de paja que figuraba de Año Viejo el que al llegar la medianoche se quemaba para dar lugar al Año Nuevo.

    En Epifania estaba la brujita fascista’ Durante la Epifania los chicos más pobres recibían de la befana (brujita buena) un trozo de carbón no el de azúcar coloreado que estuvo de moda en los años ’90. No a todos los chicos menos afortunados le estaba reservado el paquete de la “befana fascista”, que formaba parte del proyecto de política asistencial lanzado en el 1931. El paquete contenía dulces y algunas veces también ropa; aquellos que no podían comprar el “uniforme” de los hijos de la loba, recibían un pantalón corto, una camisa negra para usar con tiradores blancos y el gorrito a la “turca”. Con estos regalos había también una fotografía del duce.

    Terminada la guerra cambió todo En los años posteriores a la guerra los recuerdos ligados a la Navidad pocop a poco comienzan a cambiar, aparece la tradición del árbol de navidad, los padres con sus hijos se encaminan hacia los bósques a la búsqueda del abeto, para ellos, mas bello que luego era adornado con los primeros globitos decorativos de vidrio, ya difíciles de encontrar. Sobre las mesas aparecen los platos de la tradición: ravioles lígures o pastasciutta, “alguna feta de carne” y el clásicico pan dulce genovés. Una fiesta muy esperada por aquellas madres y padres que habían pasado la guerra y que ahora se reencontraban cantando Tu scendi dalle stelle (Tú desciendes de las estrellas) conjuntamente con sus niños, hijos de una época nueva, pero todavía con las ganas y la alegría de encontrarse todos juntos.

    El regalo más precioso: la radio A veces está quién recuerda el primer regalo de importancia recibido; el estupor de escuchar las canciones y poesías navideñas mediante una radio, como Angela que recuerda emocionada: “Cuando la compramos y llevamos a casa… ¡Que fiesta!... ¡La radio! ¡Se escuchaba hablar y se cantaban las canciones navideñas!"

     


     


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