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cucina, edizione cartacea, storia locale
di Simone Parma | 05 Marzo 2017 | in categoria/e cucina edizione cartacea storia locale
“De Marsu, chi nu pő anà cäsòu, vàghe descàsu!”: uova, falò e piedi scalzi i riti per salutare la Primavera
Marzo è il risveglio della natura ma anche dell’uomo dal lungo letargo invernale
In città l’arrivo di Marzo significa semplicemente “giornate più lunghe”, ma in campagna questo mese rappresenta il “capodanno” dei lavori e la liberazione dalla morsa del freddo. Da sempre definito “u descià o ù desciu”, cioè il risveglio, anche l’equinozio (quest’anno il 20 Marzo) ha da sempre le sue tradizioni e i suoi rituali.
Via le scarpe!
“De Marsu, chi nu pő anà cäsòu, vàghe descàsu!” (A Marzo chi non può indossare le scarpe, vada scalzo!) e in effetti quando ero piccolo e arrivava il primo sole caldo vedevo mio nonno camminare scalzo nei dintorni di casa. Mi faceva proprio un effetto strano, pensando che uno dei miei incubi più grandi era quello di andare a scuola senza scarpe. Così lui mi raccontava che un tempo (ma in realtà ancora oggi qualcuno continua la tradizione (LEGGI QUI: "La mamma che corre scalza") si andava persino per funghi scalzi, nei boschi, in mezzo ai ricci. Provavo dolore solo al pensiero, ma le storie mi hanno sempre affascinato, così quando la mamma non poteva vedermi, lo imitavo andando scalzo, ma quasi sempre mi facevo male. Troppo delicati i nostri piedi senza la spessa pelle del nonno. Beh, ancora oggi qualche volta mi concedo il lusso di andare scalzo sul viottolo di ardesia intorno a casa e quel senso di libertà antico mi riporta alla mente i nonni e le loro storie, che se non vengono tramandate rischiano di andar perse, come le impronte dei piedi bagnati sull’ardesia.
L’uovo propiziatorio: andava preso in un giorno preciso, e cucinato e mangiato con un rito
In alcune zone dell’entroterra le donne prendevano il primo uovo deposto la mattina del Lunedì precedente l’Equinozio e, dopo averlo portato a casa, lo avvolgevano ancora intero in una pasta dolce e lo cuocevano nella stufa: il dolce veniva poi mangiato la mattina dell’equinozio come augurio di prosperità. A partecipare a questi banchetti non erano solo gli umani, ma i dolci venivano condiviso in piccola parte anche con gli animali della stalla, a simboleggiare una stretta unione fra uomo e animale. L’equinozio veniva salutato anche con un fuoco, acceso nelle fasce e riportato nella stufa di casa, a simboleggiare luce e rinascita.

Fonti: symphytumtradizioniliguria.blogspot.it (di Carla Croce) - "Il Bugiardino 2009", Ed. Piemme - “Cultura contadina in Liguria - la Val Graveglia”, Hugo Plomteux
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