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di Simone Parma | 10 Marzo 2015 | in categoria/e cucina ecologia edizione cartacea salute storia locale

Tra zappe e PC - Lei che mi proteggeva dal freddo, lei che mi dava da mangiare, lei che mi ha donato bellissimi ricordi: lei, la mia adorata serra

Tra zappe e Pc - Diario di un ragazzo di campagna

Tra le tante cose che mi fanno pensare a casa e alla mia terra ce n'è una che è davvero difficile da raccontare: la serra. Detta così può non significare niente: la serra è un telo di nylon adagiato su dei tubi a semicerchio, con una porta di ingresso e poco altro. Una cosa semplice e banale, eppure così incredibilmente affascinante (forse solo per me). Un micro-mondo in cui si possono “gestire” le stagioni e trasformare l’inverno in primavera. Forse per questo mi ha sempre affascinato, la serra.  E poi si sa, le primizie sono sempre le più buone! Dopo mesi senza mangiare lattuga fresca, se tutto va bene a Marzo potrò risvegliare le papille gustative, assopite dalla verdura confezionata dell'inverno, con i piselli coltivati nella mia serra.

Serra, custode di piante ma anche di ricordi
Il “laboratorio” al coperto è stato il mio rifugio per tanti anni da bambino. Quando ero fuori e i piedi iniziavano ad intirizzirsi per il freddo aprivo il chiavistello della porta ed entravo a scaldarmi. Spesso trovavo mio nonno intento a piantare i pali per sorreggere le nasciture coltivazioni: prima i piselli, poi le fave e verso l'estate i pomodori. Allora andavo da lui a stuzzicarlo un po' (ah, come mi divertivo a farlo arrabbiare) e a rubare qualche bacello da mangiare crudo, ma prima mi beccavo una tirata d’orecchie per aver rovinato il solco dell'insalata camminandoci dentro (non riuscivo mai a vederlo!). In quel mondo così mite osservavo incuriosito le mosse del nonno (che non oso replicare nemmeno adesso perché non ne sarei in grado) per curare l'orto coperto. Mi è sempre piaciuto poter dare la mia parte di protezione a quelle povere verdure così minacciate da freddo e grandine, andare a chiudere il telone quando il vento iniziava a tirare troppo forte e fermarlo con i mattoni pieni, quelli che adesso si usano solo per decorare i caminetti. Mi ergevo a paladino della giustizia contro il freddo, ottenendo la gratitudine infinita di queste povere piantine, che mi avrebbero ricompensato a tavola. E poi volete mettere poter raccogliere le fave al caldo? Qualche volta il vento che soffiava troppo impetuoso costringeva mio nonno e mio padre a rifare tutto da capo. E io osservavo. Raddrizza gli archi, sistemali e bloccali a terra, fai passare il telone ed infine i lacci per richiuderlo. E in una giornata di lavoro quella primavera fittizia ritornava e io potevo riprendere a rifugiarmi sotto al nylon. Marzo è anche la stagione dei limoni. Gli sfortunati che non erano cresciuti al caldo della mia amata serra facevano fatica, sferzati dai venti di febbraio, a dare i loro frutti migliori, mentre la pianta cresciuta al caldo era sempre garanzia di limoni belli gialli e succosi. Insomma questa magia della serra mi aveva proprio conquistato.

Col passare degli anni tanto è cambiato e ora quella serra non c’è più. Non c’è più chi la teneva in ordine e la riassettava ogni volta dopo il maltempo ed è anche sparita la mia “primavera in anticipo”, ma se avrò tempo e possibilità voglio di nuovo ergermi a paladino delle povere piantine indifese (e perché no, anche dei gerani del giardino che tanto soffrono il freddo), voltandomi ancora per vedere se il nonno sta urlando di stare attento a dove metto i piedi.

Oggi si Gioca a fare il contadino virtuale
La stragrande maggiornaza della nostra generazione, stretta tra gli appartamenti di città e i lavori di ufficio, può fare il contadino solo dalla scrivania ed evidentemente il richiamo alla campagna deve essere davvero forte visto l’incredibile successo di "Farmville", un gioco sociale su Facebook. Più produci e più punti ottieni, più coinvolgi gli amici più puoi avanzare nel gioco. Premetto che me l'hanno raccontato perché io non me la sento di piantare un ettaro di grano virtuale con 3 click. Non ci sarebbe gusto a fare il contadino senza sentire sulla pelle il caldo del sole basso di primavera o l'umido che sale ai piedi quando la terra è troppo bagnata anche per zappare e fare un solco.

Tratto da CORFOLE! del 3/2015, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata

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