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    cucina, edizione cartacea, storia locale

    di Vittorio Rosasco | 01 Aprile 2009 | in categoria/e cucina edizione cartacea storia locale

    RANGHINELLI - Del caffé fatto di ghiande, dei nascondigli per il cibo, del prezioso sale e di Italo che andò a prenderlo dal mare e che al ritorno...

    RANGHINELLI - Del caffé fatto di ghiande, dei nascondigli per il cibo, del prezioso sale e di Italo che andò a prenderlo dal mare e che al ritorno...

    Dal mio “Cestino” tiro fuori argomenti vari, spaziando dai ricordi più o meno lontani, all’attualità, ai problemi sociali, dalla descrizione di animali, piante, fenomeni naturali fino alla “degustazione” di poesie ecc. Ultimamente sono stato sollecitato a raccontare ancora situazioni, esperienze, fatti e aneddoti del tempo di guerra. Lo faccio volentieri.
    Erano tempi duri, tempi di ristrettezze per tutti ma principalmente per gli “sfollati” quelli cioè che provenivano dalle città, sfuggiti ai continui bombardamenti. Per questi era fame nera perché le misere razioni alimentari che venivano assegnate con la tessera annonaria erano ben poca cosa e non tutti, anzi pochissimi, potevano ricorrere alla “borsa nera “ cioè ai generi alimentari venduti da persone senza scrupoli a prezzi esorbitanti. Un po’ meglio ma con spirito di adattamento se la passavano i paesani. I giovani, la vera forza produttrice, erano in guerra, le poche coltivazioni erano curate da vecchi e donne: un po’ di grano, granoturco, patate, pomodori, castagne ma le leggi severissime ne limitavano il possesso dovendo ogni famiglia denunciare tutti i raccolti e portare “all’ammasso” la maggior parte di essi.
    Naturalmente si ricorreva ad espedienti per salvare quello che nella maggior parte dei casi era essenziale per la famiglia. Si nascondevano in cantina nelle botti vuote o in ripostigli appositamente costruiti perché, con le frequenti perquisizioni veniva portato via tutto. Un metodo per non farsi portare via le patate, il genere più comune, era quello di lasciarle nella terra e raccoglierle poche alla volta col rischio di vederle “rinascere”: era sempre meglio che vedersele portar via. Non c’era olio e per procurasene un po’ molte donne andavano attraverso i monti fino a S. Maria di Rapallo barattandolo con patate e castagne. Qualche volta le donne andavano in Piemonte a comprare grano e riso. Grande risorsa delle famiglie era la mucca che quasi tutti avevano anche se problematico il suo mantenimento. Dal latte si ricavava, scremandolo, il burro ottenuto sbattendo lungamente la crema in un fiasco senza veste. Facendo bollire il latticino rimasto si otteneva un po’di ricotta e il rimanente ancora si beveva illudendosi che fosse “rinfrescante”, e forse lo era davvero. Quando c’era un po’ pù di latte mamma faceva una formaggetta, butirrosa e morbida se il latte era intero, dura e asciutta se il latte era scremato. Della carne non parlo perché era più preziosa dell’oro. Un genere palesemente introvabile era il caffè per cui ciascuno si sbizzarriva in surrogati vari, si brustoliva di tutto: segale, orzo, grano ma anche ghiande.
    Preziosissimo era il sale. A questo proposito vi racconto un aneddoto curioso. Proveniente da Genova ed esonerato dal servizio militare non so per quale motivo, era venuto a Gattorna un ragazzone tutto muscoli che, in cambio di vitto e alloggio aiutava nei lavori dei campi una famiglia alla quale era affezionatissimo. Si chiamava Italo ed era sempre pronto ad aiutare chiunque avesse bisogno. Per provvedere ai suoi bisogni andava, come si usava allora, in “giornata”: otto ore di lavoro per otto lire di paga (elevate in seguito a 12, una bestemmia!) sia per falciare i campi, per seminare, per vendemmiare, per far legna o per accudire al bestiame. Era cordiale con tutti, gioviale, attivo, inventava sempre qualcosa per racimolare qualche lira.
    E che ti va ad inventare il buon Italo? Mancava il sale? Nessun problema, il mare era a 24 chilometri, bastava andare a prendere l’acqua salata, farla bollire ed eccoti il sale! Detto, fatto. Un bel mattino partì con un carretto a mano carico di damigiane e via verso l’avventura. Passo dopo passo, chilometro dopo chilometro lungo la vallata per giungere a Chiavari, riempire le damigiane e tornare. Era notte fonda quando arrivò a Gattorna, scaricò le damigiane presso il gran paiolo di rame che serviva ai macellai per cuocere la carne di maiale e fare insaccati, salsicce, salami, testa in cascetta (soppressata) ecc. Immaginate lo stanchissimo Italo, sarà andato a letto sognando cumuli di sale!! Il mattino successivo cominciò a bollire l’acqua. Bolli e bolli, l’acqua si consumava ma di sale, ahimè, neanche l’ombra. Che cosa era successo? Durante la notte l’acqua salata era stata sostituita con acqua dolce e così l’immane fatica di Italo era stata vanificata insieme al sogno di un buon guadagno. Uno scherzo? Una vendetta? Non voleva che la disavventura diventasse di dominio pubblico e siccome avevo assistito alla deblace mi disse perplesso: “Perché?” Ma forse lui sapeva...
    Si vociferava infatti che lui, giovane, bello e aitante fosse conteso da diverse donne sposate e che i mariti non fossero per nulla contenti... Un periodo molto delicato e di grande apprensione fu dopo la caduta del Fascismo e il disorientamento delle truppe regolari. Una parte andò con i partigiani, altri aderirono alla Repubblica di Salò, altri ancora cercarono rifugio in famiglia, sempre a rischio di rastrellamenti fascisti e tedeschi. Escogitarono un sistema per scovarli emettendo un’ordinanza che imponeva l’obbligo di appendere alla porta di casa l’elenco di tutti i componenti la famiglia con i relativi dati anagrafici. Ricordo l’apprensione di mia madre per mio fratello maggiore che dopo l’8 settembre 1943, con un viaggio rocambolesco, era tornato dalla Jugoslavia. Metterlo nell’elenco o non metterlo? Dopo tante esitazioni si decise di non metterlo, però tutte le sere, per lungo tempo, andava a dormire in una grotta buia e umida. Col tempo si allentò la tensione e l’anno successivo, venne rastrellato e deportato in Germania. Drammatici i racconti che fece di quel periodo: la ricerca che faceva di bucce di patate, torzoli di mele e ogni genere di erbe e radici, faceva bollire il tutto per calmare il morso della fame che attanagliava un giovane di 25 anni. Ma questa è un’altra storia e ve la racconterò la prossima volta...


     


    I commenti dei lettori
    Anna, Castiglione Chiavarese:

    ho letto questo articolo ai miei nonni e si sono commossi rivedendo la loro giovinezza e quello che hanno passato. Questi articoli sono preziosi per loro e anche per noi giovani


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