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attualità
01 Dicembre 2010 | in categoria/e attualita
Il Lunario: tra saperi antichi, superstizioni e molte curiosità (e di quando il papa decise di cancellare i giorni dal 5 al 14 ottobre)
Il lunario vive attaccato al muro della casa o della stalla, o, nel formato tascabile (com’è più comune tra i contadini), in un cassetto con gli attrezzi o nelle braghe da lavoro. 1473: nasce a Genova il primo in forma di libretto ‘700: antenati dei libri di scuola ’800: ce n’era uno per i borghesi, uno per i contadini, uno per gli aristocartici.. e perfino per i viaggiatori ‘900: diventano... nostalgia del passato E oggi, cosa resta? In Liguria c’è Il bugiardino Di quando il Papa decise di cancellare i giorni dal 5 al 14 ottobre
Sono passati solo venti anni dall’invenzione della stampa a caratteri mobili. Era intitolato La raxone de la Pasca [Pasqua] e de la Luna e le Feste. Nel tempo i lunari sono passati dai pronostici sugli eventi dell’anno, costruiti sull’astrologia o sulla cabala, alle previsioni del tempo, dettate a volte dalla fantasia o dalla superstizione, e a volte dall’osservazione del cielo e dei fenomeni atmosferici.
I lunari diventano anche un veicolo di alfabetizzazione; molti assumevano un formato tascabile ed erano scritti per i contadini (un secolo più tardi lo
saranno anche per gli operai), e parlavano del tempo, dei lavori del mese, dei giorni per riposare, di tecniche agricole, proverbi e fiere. Intorno al 1780 in Italia se ne stampavano oltre 200.000 copie all’anno: si chiamavano Barbanera, Casamia, Chiaravalle, Il Mangia, La Sibilla Celeste, Valserena e in cento altri modi; in Liguria nasceva il Casamara, pubblicato fino a pochi anni fa, e più tardi il Lunaio du scio Tocca e il Lunaio do scio Regin-na.
Nascono lunari specialistici per ogni categoria di persone: dai commercianti ai viaggiatori - con distanze, tariffe, cambi di valuta e terre lontane – fino agli aristocratici e alle signore dell’alta borghesia – e informavano di nobiltà, mode, ricevimenti e figlie di buona famiglia da maritare.
Quando la tradizione sempre più è diventata rappresentazione fantasiosa di un tempo immobile e un po’ mitico, i lunari si sono sciolti nel conformismo del "com’erano belle e buone le cose di una volta", qualche volta scritti in dialetto più o meno stretto.
Oggi alcuni lunari sono orientati a una cultura prevalentemente cittadina, altri guardano soprattutto alla terra e parlano dei lavori da compiere nei campi, nella cantina e in casa, e sono costruiti sul mese lunare e sull’anno contadino regolato dalle quattro tempora (periodi particolari che preparano le stagioni) e dalle scadenze fisse che, ancora per grande parte della gente della nostra campagna, portano nomi di santi e di feste: sant’Antonio abate (17 gennaio, cuore dell’inverno), quando gli animali nella stalla parlano tra loro e inizia il Carnevale; san Marco (25 aprile), giorno delle rogazioni intorno ai paesi e principio del tempo quando le brinate possono essere più nefaste e il grano rischia di essere divorato dalla ruggine; natività di san Giovanni Battista (24 giugno), notte prossima al solstizio, magica di fuochi e benedizioni; san Rocco (16 agosto), quando è tempo di fare scorta di cibo e di legna; san Martino (11 novembre), quando terminano e ripartono i contratti agrari; e così via...
In Italia oggi pare che ne siano rimasti solo nove: il Gran Pescatore di Chiaravalle, (un’edizione a Torino e una a Tortona), il Campitelli Barbanera (Foligno), il Solitario Piacentino, il Sesto Cajo Baccelli (Firenze), il Pescatore Reggiano, il Lunarietto Giuliano (Trieste), il Lunario Bolognese. In Liguria c’è Il Bugiardino, costruito cercando di mettere in equilibrio un genere letterario spesso imbevuto di superstizione, insieme con i saperi popolari sul tempo e sulla terra raccolti per anni di voce in voce. Il Bugiardino 2011 contiene tutto sulla luna dell’anno, i giorni per seminare, lavorare in cantina, fare le conserve, mettersi in viaggio, le tempora, le rogazioni, i giorni della merla e quelli della vecchia, il calcolo dell’epatta, il calendario perpetuo, la piccola enciclopedia dei comuni liguri, la cabale dei sogni, l’agenda settimanale e molto altro ancora!
Si trova nelle edicole e nelle libreria della Liguria Euro4,50 oppure può essere richiesto a ilbugiardino@quarantina.it - 347.9534511.
Con la bolla Inter gravissimas del 24 febbraio 1582 Gregorio XIII giungeva coraggiosamente a decretare la riforma del calendario allora vigente, suscitando non poche opposizioni nel mondo ma anche il plauso dei dotti e dei posteri. Il calendario giuliano, così denominato da Giulio Cesare che lo stabilì nel 46 a. C., strutturava l’anno civile in 365 giorni, con l’aggiunta di 1 giorno ogni 4 anni (anno bisestile), necessaria per pareggiare lo scompenso di circa 6 ore tra anno civile e anno solare; in base a questo calcolo, che pareva esatto, si era stabilito l’equinozio di primavera al 25 marzo e il solstizio d’inverno al 25 dicembre. Con il passare dei secoli ci si accorse di un errore di calcolo che produceva l’aggiunta di un giorno ogni 128 anni e conseguentemente faceva slittare sempre più le date dell’equinozio e del solstizio. Ma poiché la Chiesa determinava le feste mobili liturgiche in base alla Pasqua, e questa era a sua volta legata all’equinozio di primavera, si sentì l’urgenza di apportare modifiche al calendario. Così Gregorio XIII, in base agli studi del medico e astronomo calabrese Luigi Lilio, con la bolla sopra menzionata stabiliva il nuovo calendario, ovviando agli inconvenienti di quello in vigore con la soppressione di 10 giorni nel mese di ottobre: per decreto papale il mese di ottobre nel 1582 era privato dei giorni dal 5 al 14 inclusi, e si passava dunque immediatamente dal 4 al 15! Il Papa comandava inoltre di diffondere il nuovo calendario in tutto il mondo e ordinava ai tipografi, sotto pene severissime, di non poter procedere alla stampa del calendario senza espressa licenza pontificia.
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