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attualità
01 Novembre 2008 | in categoria/e attualita
La guerra dell'aperitivo: la crisi economica e la concorrenza
Pochi clienti, i baristi chiedono di vietare l'apertura di altri locali
Troppa concorrenza fa male? Ne sembrano convinti baristi genovesi, che chiedono al comune di impedire l’apertura di nuovi locali in centro. La motivazione starebbe nei numeri forniti da un’indagine della Fipe (la Federazione italiana pubblici esercizi, una branca di Confcommercio): a Genova c’è un bar o ristorante ogni 202 abitanti, mentre a Roma il rapporto è di uno a 267, a Firenze uno a 285 e a Milano addirittura uno a 380. Dati che nasconderebbero una realtà ancora più drammatica per gli esercenti, poiché negli ultimi anni si è verificata una migrazione di locali dalla periferia verso il centro. Il malessere si è tramutato in autentica rivolta quando l’arrivo della crisi finanziaria ha drasticamente ridotto il fatturato – il consumo di aperitivi sembra essere calato del 15-20 per cento, mentre un’indagine Ascom-Confesercenti rivela che è molto aumentata la quota dei possessori di buoni pasto che, anziché spenderli al bar, li utilizzano per far la spesa e pranzare a casa. Palazzo Tursi sembra sensibile alla questione, tanto che l’assessore al Commercio, Gianfranco Tiezzi, ha detto che “stiamo valutando la possibilità di impedire nuovi ingressi in tutti i centri storici”. Hanno ragione, i commercianti? Neanche un po’. La concorrenza non è mai spietata. E’ sempre giusta. Non è possibile sapere in anticipo quale sia, in un dato luogo e momento, il numero “ottimo” di locali. Questo perché cambiano le condizioni, e con esse la disponibilità dei clienti a pagare, o le cose per cui sono disposti ad aprire il portafoglio. Se, a un certo punto, gli esercizi si moltiplicano, crescono le pressioni competitive e il risultato è, almeno per i clienti, positivo, poiché si osserva una generale riduzione dei prezzi e un diffuso aumento della qualità, oltre che un ampliamento dei servizi offerti. Può accadere che il processo vada troppo avanti, col risultato che il volume della concorrenza è tale da ridurre al lumicino i profitti dei gestori. Vorrà dire che alcuni locali chiuderanno i battenti – non è una tragedia. Ma quali e quando, devono essere i consumatori a deciderlo, votando coi loro soldi; e devono avere l’opportunità di decidere, cosa che non è più possibile se una delibera del comune vieta l’apertura di nuovi bar. Allo stesso modo, sotto la pelosa intenzione di tutelare la periferia si nasconde il proposito, ben meno nobile, di impedire ai concorrenti potenziali di trasferirsi verso zone più redditizie. Il controllo delle licenze ha un unico scopo: presidiare le quote di mercato di chi c’è, a scapito di chi vorrebbe esserci.
Carlo Stagnaro
I commenti dei lettori

Maria Luisa :
Certo caro Carlo Stagnaro si vede che lei non ha problemi economici ,chiudere un'attività vuol dire un' impoverimento ulteriore della socetà ,si dovrebbero aiutare le imprese invece a non chiudere .Se per lei non è una tragedia la scomparsa di alcune in periferia , ,mantenga lei o chi per lei le famiglie che se pur con poco rimarrebbero proprio a zero.Non sono per limitare la concorrenza ma cosa fate per la periferia ?
Se tutto è stato fatto in questi anni per rilanciare il centro storico(BENISSIMO!)ma chi è decentrato con questa crisi cosa fa'?Non è una tragedia?Si chiude?Bene ci mantenga o ci trovi lavoro e chiuderemo volentieri.
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di Giansandro Rosasco
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