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01 Novembre 2010 | in categoria/e attualita

Donne e sport: Susanne, la regina dei mari. Sulle barche da quando è nata, ora si prepara a raggiungere il Brasile in solitaria

Susanne Beyer, 31 anni, nata a Zoagli, dal 2005 è al comando di Tirrenia II, un ketch aurico del 1914 e ora si sta preparando all’avventura più grande: la Transat 6.50, regata atlantica di 4200 miglia dalla Francia al Brasile in solitario.
Un legame, quello tra te e il mare, davvero forte, visto che già a pochi mesi eri in mare con i tuoi genitori
E’ vero, da mia madre Laura mi faccio spesso raccontare le piccole avventure vissute sul Marea, un bellissimo Impala 35 di Sparkman & Stevens. Papà Thomas era architetto navale ed un bravo navigatore. Crescendo sono diventata un’instancabile marinaretta e papà era un buon comandante. Navigavamo spesso, tutti insieme, anche con mia sorella minore Sylvia; d’estate si facevano lunghi periodi in mare e in inverno frequentavo i corsi di derive in Liguria e facevo regate con papà e il suo equipaggio.
Dopo il liceo hai deciso di farne un mestiere e sei arrivata al comando di Tirrenia II, una scelta difficile?
Ricordo ancora lo scetticismo di chi mi stava intorno, mamma compresa, ma io ci credevo. Nel 2001 mi sono innamorata di questa stupenda signora del mare: Tirrenia II, un ketch aurico del 1914 quasi totalmente originale. Per 5 anni ho lavorato come marinaio, occupandomi della manutenzione in inverno e partecipando a tutte le regate in estate; quindi, nel 2005, l’armatore Gianni Loffredo, Presidente dell’Associazione Italiana Vele d’Epoca, mi ha affidato il comando e la supervisione dei lavori di restauro. Nel frattempo mi sono anche laureata in Scienze Politiche e poi ho preso il diploma all’Istituto Nautico a Genova.
Alla passione per le regate d’altura, si è aggiunta quella per la navigazione in solitaria: come è nato il grande progetto di partecipare alla regata atlantica Transat 2011?
Per anni ho letto sulle riviste specializzate le avventure dei navigatori solitari... l’idea è come “germogliata”, da sola. Ho lavorato 2 anni per trovare gli sponsor ed il finanziamento per mettere in piedi il progetto “Penelope”, il nome del mio Mini650, e dopo altri 2 anni di regate sono finalmente qualificata.
Sei stata 12 giorni in mare da sola per le 1000 miglia necessarie per la Transat e sei appena giunta terza alla Hexis Cup, regata francese di 500 miglia in solitario, anch’essa valida per la qualificazione alla regata atlantica. A questo punto sei tra i 75 partecipanti ufficiali, per la maggior parte francesi e in pratica tutti uomini, e stai per percorrere 4200 miglia senza assistenza né contatti con il mondo esterno per circa un mese. Cosa provi e cosa ti aspetti?
Passo dal terrore folle alla fiducia in me stessa. Un po’ invidio quelli che, forse per minore esperienza in mare, vivono di beata incoscienza! Per quanto riguarda la gara, è un traguardo già il disporsi sulla linea di partenza. Ci ho pensato molto e non voglio pormi altri obiettivi se non quello di farla al meglio.
Hai ricevuto il riconoscimento Lady Marina Yachting, che ti è stato assegnato durante l’ultimo Trofeo Marina Yachting organizzato dallo Yacht Club Chiavari. Cosa ha significato per te?
Questo inaspettato riconoscimento ha per me un valore aggiunto perché è legato ad un passato a me molto caro. Allo Yacht Club di Chiavari infatti ho fatto i primi bordi in solitaria sui mitici Optimist, una classe che offre un’esperienza formativa incredibile: si impara a navigare da soli e allo stesso tempo a collaborare con i compagni di corso. E’ stato emozionante poi prendere il premio dalle mani di Gian (Cavalletto), che era amico di papà e che mi ha insegnato a “guidare” le barche al corso della patente nautica. Ringrazio Marina Yachting ed YCC per questo bel premio. Penelope ed io faremo del nostro meglio per onorarlo.
La regata d’altura è un mondo prettamente maschile, così come in generale la vita di mare. Cosa vuol dire essere donna a bordo?
Il fatto che non ci siano molte donne al comando di barche e navi è dovuto molto ad un fattore culturale: non siamo state cresciute con questa opzione tra le scelte possibili. Io non ho mai trovato molti ostacoli “di genere”; lavoro da oltre 10 anni in un mondo prettamente maschile e i miei colleghi sono sempre stati amici su cui contare. Spero che il numero delle donne aumenti, anche nel mondo delle regate d’altura!
Francesca Vulpani
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