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salute
17 Ottobre 2023 | in categoria/e salute
DOTT. PRINZI: "In medicina serve un ritorno alle origini. Meno chimica e più natura, meno marketing e più ascolto"
Le ricerche scientifiche smontano molti elementi che sembravano "intoccabili", come i limiti dei “valori normali” spesso frutto di operazioni di marketing
E ai suoi colleghi dice: “C’è una chiamata alle armi per i professionisti sanitari”
- di Michela De Rosa
Il dott. Gabriele Prinzi è medico e specialista in chirurgia addominale di urgenza. Ed è soprattutto un “appassionato del corpo umano” e della medicina, intesa come tutto ciò che cura, non solo i medicinali ma anche elementi naturali di cui l’efficacia, minimizzata negli scorsi decenni, è oggi rivalutata con ricerche e pubblicazioni scientifiche. In primis, l’uso degli oli essenziali come antinfiammatori e antibiotici, spesso con molta più efficacia dei farmaci. Ancor prima di ciò, è un indagatore, alla continua ricerca dell’origine di disturbi e malattie. Ha scritto diversi libri e quotidianamente svolge attività di divulgazione attraverso la pagina facebook seguita da oltre duecentomila persone, tra cui molti medici di ogni specializzazione che applicano i suoi metodi. E insieme mettono in discussione alcuni paletti, come il continuo abbassamento del limite del colesterolo, l’uso prolungato dei gastroprotettori, quello sconsiderato di antibiotici e molto altro. In questa intervista ne raccontiamo qualcuno; trovate di più su www.facebook.com/dottgabrieleprinzi e al sito www.gabrieleprinzi.it.
Il suo approccio alla malattia è differente da quello a cui siamo stati abituati: da cosa parte?
La medicina che ci è stata insegnata e di conseguenza quella praticata, sono incentrate sulla prescrizione di farmaci per lenire o spegnere i sintomi. Ma è come andare sulla scena del delitto, pulire e cancellare le prove: non sapremo mai cos'è successo, chi è il colpevole e soprattutto come arrestarlo. Come ho scritto nel libro “Ascolta la tua pancia” il medico dovrebbe tornare a incarnare capacità dimenticate e la prima è proprio investigare. L’altra capacità è quella dello stratega: se la malattia è una serie di sintomi, occorre capirne la sequenza e domandarsi qual è il punto del processo patologico in cui inserire l'azione più vantaggiosa per avere il massimo beneficio. Per fare questo è fondamentale la più importante di tutte le capacità: ascoltare il paziente e prestare attenzione ai dettagli, per comprendere di cosa si sta realmente parlando ed evitare esami inutili: ad esempio, per molte malattie gastrointestinali molti degli esami suggeriti risultano negativi.
Microbiota: una parola che sta rivoluzionando l'origine di molte malattie e disturbi. Perché?
Nasciamo su un pianeta di proprietà dei microrganismi; ci siamo evoluti per milioni di anni firmando "trattati di pace" e creando collaborazioni. In cambio di vitto e alloggio sulla nostra pelle e dentro al nostro corpo, svolgono per noi molti processi metabolici, dalla digestione alla produzione di certe proteine. Ma hanno anche molti ruoli nella trasduzione dei segnali che ci arrivano dal mondo esterno e partecipano in una complessa rete che dialoga con il cervello, il sistema immunitario e il sistema endocrino. Lo squilibrio di questa vasta popolazione microscopica porta a cambiamenti della membrana intestinale e apre la strada all’infiammazione sistemica e a malattie, patologie - come il morbo di Crohn, la rettocolite ulcerosa, la psoriasi, il diabete di tipo I e di tipo II, le malattie cardiovascolari e la sindrome dell'intestino irritabile. La buona notizia è che questo squilibrio si può correggere.
Nella sua divulgazione scientifica spiega le potenti proprietà terapeutiche presenti in natura, che lei in primis utilizza con i pazienti. Si può parlare di un salto di qualità del settore?
Anzitutto dovremmo ricordare che tutta una serie di farmaci sono stati creati dalle piante. Pensiamo all'Aspirina: l'acido acetilsalicilico è una molecola estrapolata dalla corteccia del salice. Oggi la ricerca ci indica che non è tanto la singola molecola ad agire, quanto la presenza di più molecole o sali minerali o sostanze terapeutiche. E' il caso, ad esempio, di altre piante molto studiate, come l'artiglio del diavolo, oggi molto presente nei lavori scientifici; nella fitomedicina è prescritto come antidolorifico e anti-infiammatorio, ma sappiamo che ha un’efficacia contro la candidosi intestinale e che aiuta la membrana intestinale a ripararsi. La popolazione gradisce sempre più rimedi vivi, rispetto alla sterile chimica. Essendo un conferienziere e lavorando nella formazione medica, posso dire che anche la risposta dei professionisti sanitari è positiva: hanno ulteriori strumenti con più effetti terapeutici e molti meno effetti collaterali.
Lei ha approfondito e utilizzato in particolare il potere curativo dell'origano: perché?
Occorre partire da un’evidenza allarmante a livello mondiale, ossia l’antibiotico-resistenza, per cui l’Italia è tristemente sul podio europeo. Ho iniziato anni fa studi su tutta la letteratura (e ce n’è tanta) che ha testato gli oli essenziali evidenziando un’efficacia superiore agli antibiotici, anche sui batteri resistenti. Quello di origano è uno dei più studiati dalla ricerca scientifica perché ha effetto sia contro le candide che contro certi batteri chiamati GRAM-NEGATIVI che posseggono la più potente e dannosa endotossina che conosciamo, il lipopolisaccaride: il suo eccesso è tra le più note cause di permeabilità della barriera intestinale il cui primo effetto è l'attivazione del sistema immunitario che genera un’infiammazione costante. E se il lipopolisaccaride va in giro per il nostro corpo... cagiona un bel pò di danni: è coinvolto, per esempio, nella formazione delle placche aterosclerotiche e nell'incremento del colesterolo quando non è di origine alimentare; può raggiungere il cervello e sembra essere coinvolto in alcuni tipi di demenza e nel parkinson.
Tra le applicazioni più immediate dell’origano ci sono le cistiti: spesso il primo atto diagnostico è la ricerca dei batteri nelle urine e, con una frequenza spaventosa, si tratta di eschericihia coli, nella top ten dei batteri antibiotico-resistenti. Quest'esame ci indirizza quale antibiotico usare, ma l'abitudine a prescriverli (anche nelle cistiti senza batteri) e la noncuranza verso il microbiota (che dall'antibiotico non ne esce sano) spesso generano la recidiva o uno spostamento verso la candida o la gardenella. Tutti i laboratori possono fare un’urinocultura con antibiogramma (che misura l’efficacia dell'antibiotico verso quel microrganismo), alcuni sono attrezzati per misurare anche la potenza del singolo olio essenziale (aromatogramma). E l'origano risulta spesso il più potente, insieme a lavanda, timo e pino. Anche batteri molto cattivi, come il pericoloso clostridium difficile o l’helicobacter pylori, possono soccombere agli oli essenziali, se sai quali usare.
Il suo libro sull’OLIO ESSENZIALE DI ORIGANO è in vetta alla classifica Salute e benessere di Amazon: come spiega questo interesse?
Questo libro non parla solo di origano: partendo dal fenomeno dell'antibiotico resistenza, spiega quali siano gli effetti collaterali delle prescrizioni inappropriate, collegandolo con l'evidenza degli ultimi 80 anni rispetto alla candidosi. Un capitolo di cui sono molto orgoglioso parla del biofilm, una complessa struttura a difesa dei microrganismi, vecchia di 3 miliardi di anni, che spiega in parte l'antibiotico-resistenza. Infine, descrivo gli effetti fito-farmacologici dell’origano, sdoganandolo dagli ambiti più ristretti della naturopatia e dell'erboristeria per portarlo all'attenzione di medici e clinici, infermieri, ostetriche, nutrizionisti eccetera, per cui abbiamo già un calendario di corsi e lezioni.
Nei suoi articoli mette in discussione alcuni parametri e approcci che medici e pazienti danno per assodati. Cosa la spinge a farlo e dove attinge le informazioni su cui si basa?
Alcune delle informazioni mi vengono dalla professione; da chirurgo ho una conoscenza degli organi interni che manca a quegli specialisti che non si sono mai trovati, in situazioni d'urgenza, a dover decidere come demolirli e come ricostruirli. La chirurgia non è solo tecnica operatoria, ma anche profonda conoscenza della fisiologia e le cure post-intervento si basano su quelle conoscenze. Altre informazioni sono connesse al 13mo articolo del Codice Deontologico, che ci chiede di fare il nostro meglio per conoscere gli effetti collaterali e le interazioni farmacologiche dei farmaci che prescriviamo.
Spesso però, la velocità con cui spengono i sintomi è tale che un'intera comunità non ci pensa due volte a darli; così farmaci potenti come gli inibitori di pompa protonica vengono prescritti troppo spesso, molto a lungo, a volte a vita. Eppure, già dal 2014 abbiamo allarmi da parte di istituzioni nazionali e internazionali: per questi inibitori, si parlava già allora del 47% di inappropriatezza prescrittiva. Allarme ribadito nel 2016 con un documento ufficiale di AIGO (associazione gastroenterologi ed endoscopisti ospedalieri), SIF (società italiana di farmacologia) e FIMMG (federazione italiana medici di medicina generale); poi nel 2019 in una conferenza AIGO e SIGG (società italiana di geriatria e gerontologia) e di nuovo dalle linee guida intersocietarie del 2021 che richiamano al pericolo della prescrizione in cronico, per anni. Nei riferimenti, che si rifanno alla letterarura mondiale, a meno di gravissime malattie, gli inibitori di pompa protonica dovrebbero essere sospesi dopo 6-8 settimane. Non ci vuole così tanto coraggio ad esprimere le opinioni dei massimi organi istituzionali o delle società scientifiche e di specialisti che hanno vergato, nero su bianco, questi allarmi. è tutto pubblico ed è una chiamata alle armi per l'esercito dei professionisti sanitari.
Quali sono secondo lei, a oggi, i più importanti “pilastri” da rimodulare?
Anzitutto, mi piacerebbe che, come comunità medica, credessimo più nella fisiologia e nella biochimica piuttosto che nella farmacologia. Mi spiego: vero che il farmaco inibisce un sintomo o un processo, ma ci sono studi scientifici che sembrano indicare nel farmaco più un percorso di stabilizzazione di un sintomo o di una malattia che non la sua risoluzione. Faccio due esempi: l'osteoporosi è una patologia complessa che non può semplicemente essere ascritta alla carenza di calcio, ma a più sistemi (compreso il microbiota intestinale) i quali gravano sul metabolismo al punto tale che i processi metabolici dell'osso - tessuto vivo ma dal metabolismo lento - sono più a favore della perdita di struttura che non a favore del rimodellamento. Conosco la posizione delle società scientifiche rispetto alla "inutilià" della vitamina D3 nell'osteoporosi, tanto da spingersi a sconsigliarla o a "legare le mani" ai medici di medicina generale. Ma ci sono fiumi di letteratura che mi ricordano che senza il magnesio, la vitamina non funziona perfettamente, che bisogna affiancare la D3 con una certa vitamina economicissima la quale stimola la produzione di un ormone (osteocalcina) che porta il calcio alle ossa, ricordando che se la stragrande maggioranza di ciò che mangiamo è raffinata (zucchero bianco, sale raffinato, farina raffinata) abbiamo due problemi: siamo in carenza di "sali minerali" (il magnesio in primis) e acidifichiamo il corpo; per cui l'osso viene usato per formare sali minerali alcalinizzanti che contrastano l'acidificazione. Prescrivere calcio a coloro a cui manca il calcio è quindi, a mio avviso, solo una parte di quelle raccomandazioni che, in alcuni casi, sono capaci di fermare, o a volte invertire, l'osteoporosi.
Sul colesterolo sto considerando, insieme a un gruppo di chirurghi e cardiologi di scrivere un libro in cui si ritorni alla verità biochimica e fisiologica invece di guardare ad un paziente solo considerando un numero su una serie di analisi. Lo stesso per il diabete, ricordando che la vera epidemia mondiale è quella della diabesità (obesità e diabete) e che vi sono evidenze consistenti che la permeabilità della barriera intestinale è considerata tra le cause magggiori. Sarei felice di condividere con chi si occupa di queste malattie la ricerca più moderna, gli esami non invasivi che valutano il fenomeno e mostrare come, con semplici aminoacidi e con l'origano puoi rimettere a posto anche la membrana più bucherellata.
Lei ha un seguito di oltre duecentomila persone tra cui tantissimi medici di ogni specializzazione che hanno capito che occorre guardare ai sintomi e alle malattie con una visione più ampia e quindi partecipano ai suoi corsi. C'è o ci sarà un elenco regionale di questi medici?
Qualunque medico e specialista ha a cuore i suoi pazienti, ma le cose sono molto cambiate da quando si faceva diagnosi alla vecchia maniera. Abbiamo sempre più approfittato della diagnostica perdendo di vista ciò che il paziente lamenta; non a caso, come dicevo prima, nelle malattie gastrointestinali funzionali gli esami sono spesso "negativi". Dall'altro lato, come comunità ci è stato insegnato a lenire il sintomo e il nostro armamentario di farmaci è cresciuto. La mia opinione è che le linee guida (per definizione di vita breve) e i ritmi estenuanti a cui certi specialisti sono obbligati (ho più di un collega che in ospedale in un'ora di ambulatorio DEVE vedere 6 pazienti) non ci permettono più quell'arte, quella discrezionalità (di cui siamo ovviamente responsabili) nè la serenità di valutare la persona e i suoi esami. I protocolli sono più veloci, ma sono anche non perfettamente efficaci; e non danno spazio a prescrizioni di dieta e di attività fisica ad esempio. Il nostro è un paese vecchio, vi sono molti anziani, spesso immobili a casa, non esposti al sole (quindi senza vitamina d) e in politerapia (più di 5 farmaci contemporaneamente o peggio); e non puoi dedicargli 10 minuti ed essere sicuro - da investigatore e stratega - di aver fatto del tuo meglio per capire le cause della patologia e agire per la sua risoluzione.
Molti dei miei colleghi hanno compreso il limite del sistema all'interno del quale operiamo e non ne sono affatto contenti. Nella mia attività - divulgazione sui social, nelle conferenze, nei corsi - ho avuto la fortuna di essere collettore di quel malcontento e di quella voglia di tornare a fare medicina. Per questo stiamo lavorando per allargare la mappa dei professionisti sanitari che vogliono usare quella visione ampia e rispettosa di biochimica e fisiologia che ha dimostrato, nelle più disparate specialità, di risultare vincente. Per allargare questo gruppo, insieme alla dott.ssa Livia Emma (co-autrice dei miei primi due libri) abbiamo formalizzato corsi. Attendiamo invece novembre per pubblicare la mappa italiana dei professionisti, a beneficio di quelle persone che hanno problemi di salute.
E ora cambiamo registro: viene da lei il Genio della lampada e le concede tre desideri in ambito medico scientifico, cosa chiede?
1) Che gli iscritti alle diverse facoltà sanitarie siano ispirati ad iscriversi ai corsi di comunicazione sulla relazione tra medico e paziente
2) Che le lezioni siano basate non sulla lettura di noiose tabelle, ma venga tutto trasmesso a partire dal concetto di OLISMO (da Platone ad Ippocrate), passando per quelle scoperte casuali che hanno cambiato la nostra vita e anche quelle volutamente nascoste, così da far affascinare da come si sono davvero svolte le cose
3) che, sempre di più, università, centri di ricerca e ospedali siano slegati da politiche commerciali di necessità, perchè quando sono grandi aziende con finalità di lucro a finanziare le ricerche, non puoi essere certo della neutralità dei risultati.
Chi è Gabriele Prinzi: si descriva in una frase
Medico delle panze, siculo.
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