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    edizione cartacea, storia locale

    di Antonino Di Bella | 18 Giugno 2019 | in categoria/e edizione cartacea storia locale

    Le vacanze con Sant'Antonio, il falò a San Giovanni e niente bagno con San Pietro! Però si faceva la barca. Riti, tradizioni e ricordi dell'estate

    Le vacanze con Sant'Antonio, il falò a San Giovanni e niente bagno con San Pietro! Però si faceva la barca. Riti, tradizioni e ricordi dell'estate

    Come i Santi di giugno scandivano la vita dei ragazzi, dalla scuola alla spiaggia

    Sicuramente il maggio che ci siamo lasciati alle spalle aveva poco di primaverile mentre giugno è visto da sempre come la porta dell’estate. Durante gli anni d’infanzia e nella mia giovinezza questo mese ruotava attorno a tre santi: Antonio, Giovanni il Battista e infine Pietro. Stiano tranquilli i lettori, quest’articolo non vuole essere un sermone religioso ma solo raccontare di un tempo in cui c’erano ritmi molto ma molto diversi da quelli di oggi. Nessuna malinconia per carità, ma solo un ritornare con la memoria ad anni che non erano condizionati dalla tecnologia.


    13 GIUGNO
    Con Sant’antonio finiva la scuola, ma solo se superavi gli esami, che iniziavano... in seconda elementare!


    Giugno era per quelli della mia generazione la meritata fine della scuola. La festa di S. Antonio da Padova corrispondeva al termine delle lezioni con la paura degli scrutini che ci avrebbero detto se eravamo promossi o se qualcuno dovesse fare ancora gli esami, questo perché noi bambini degli anni ’60 e ’70 avevamo in seconda elementare il primo esame della vita. Avete letto bene… l‘esame! Sì perché all’epoca le scuole elementari erano un percorso a ostacoli che prevedeva, si direbbe oggi, il primo step agli otto anni con le domande e relative risposte finali sulle copiette (erano piccoli fogli protocollo) dove alla fine spiccavano anche le cornicette (piccoli disegni in fondo alla pagina).Ottenuta la sudata, visto anche il periodo, promozione ci aspettava in terza elementare finalmente la Prima Comunione che ci accompagnava da maggio a giugno, a seconda delle parrocchie, ma soprattutto ci riempiva di regali. La quarta era vista come una preparazione allo spauracchio finale: l’esame di quinta che ci avrebbe proiettati alle scuole medie!
    Insomma una serie di momenti che comunque terminavano sempre con la festa di S. Antonio che a Chiavari voleva dire processione, alla fine della celebrazione ecco correre alla pesca di beneficenza dove si sognava di vincere il primo premio e invece ci si trovava in mano con fischietti, macchinine e biglie di plastica con i volti dei corridori del Giro d’Italia che venivano comunque bene per le gare sulla pista di sabbia della spiaggia. In questa serata ci si consolava però con il croccante o le strisce di liquirizia vendute sulle onnipresenti bancarelle di dolciumi. Ottenuto il “via libera” scolastico ci attendeva la libera spiaggia con liberi…compiti! Acquistato in cartoleria il libro delle vacanze e subito chiuso nel cassetto, con l’impegno di riaprirlo perlomeno dopo un mese anche se i più scaltri lo aprivano ai primi di settembre, ci attendeva la lotta selvaggia sui campi di cemento alla mattina e il mare nel pomeriggio.

    23 giugno
    il falò di San Giovanni


    Ma c’erano altre date da rispettare, infatti chi aveva casa o parenti nell’entroterra veniva temporaneamente “deportato” in campagna e doveva sottostare alle leggi fisiche del luogo e cioè aiutare i contadini nei lavori giornalieri col risultato che alla fine i piedi diventavano marroni e i capelli pieni di foglie. Ma il 23 giugno, alla vigilia della festa di San Giovanni Battista, avveniva qualcosa di diverso: abitanti della campagna e foresti raccoglievano rami e legname e preparavano la pila per il falò. Essere seduti alla sera attorno al fuoco aveva qualcosa di magico e il cielo stellato completava l’opera. Grandi e piccoli rimanevano a bocca aperta guardando le faville salire e perdersi nella notte mentre in lontananza si scorgevano i falò degli altri paesi. Chi invece abitava a Genova la sera del 24 assisteva alla storica processione con le massime autorità religiose e civili insieme alle numerose confraternite, le Casacce, che sfilavano con preziose vesti portando i pesanti crocifissi, detti anche i Cristi. Dalla cattedrale di San Lorenzo la solenne processione, ancora oggi, si dirige al Porto Antico dove il cardinale benedice il mare con le reliquie del Battista al suono delle sirene delle navi. A riguardo delle processioni genovesi c’è una particolarità che non tutti conoscono: in tutti i cortei religiosi il crocifisso è sempre rivolto col viso in avanti mentre a Genova  guardano il popolo; questa è una concessione che fece il Papa molti secoli fa per ringraziare i Genovesi per la loro fedeltà.

    29 giugno
    la magia della “barca di S. Pietro”

    Tornando al mare e alle nostre mitiche giornate trascorse sulla spiaggia, quasi tutto era concesso a noi ragazzi, seppur con moderazione e soprattutto con educazione! Ma c’era una giornata che aveva un veto assoluto ed era il 29 giugno, festività di San Pietro: in questo giorno anche chi non proveniva da famiglie di marinai o pescatori non doveva fare il bagno perché come recitava il detto “San Pietro ogni anno se ne porta via uno”, intendendo che quel giorno ci sarebbe stato sicuramente un annegato. Non conosco le statistiche di quei tempi ma era meglio comunque evitare ogni attrito con i genitori altrimenti si rischiava di rimanere a casa mentre gli amici si divertivano alla feste dedicate al santo che si svolgevano in diverse località del Tigullio. Anche in questa occasione alla vigilia c’era una tradizione e cioè quella di “fare la barca di san Pietro”. Si prendeva una bottiglia, rigorosamente di vetro, veniva riempita quasi interamente di acqua poi si aggiungeva il bianco, cioè l’albume, di un uovo e messa appoggiata in orizzontale. Nella notte i due liquidi si mischiavano e si depositavano nella parte bassa dando vita ad una scultura semi-trasparente che assumeva la forme di una barca, o perlomeno soprattutto i bambini credevano di vedere quello. Qualcuno lo fa ancora adesso?

    Noi che cantavamo “viva la gente”!

    Eccomi alla fine di questi ricordi che sembrano presi da un racconto di Giovannino Guareschi, ma la vita era veramente così, anzi noi tutti eravamo così. Forse obbligati a studiare in classe Educazione Civica o a cantare la famosa canzone “Viva la gente” ma sicuramente più felici di vivere semplicemente e liberi di giocare in spiaggia o nelle piazze fino a settembre, finché  il primo di ottobre, contemporaneamente in tutta Italia, si ripartiva con una nuova avventura scolastica.


     


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