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edizione cartacea, storia locale
di Giulia D’arrigo | 29 Marzo 2019 | in categoria/e edizione cartacea storia locale
#memorial - L'America, i finti partigiani e la sparizione del padre: la vita di Ivana, che ha superato un lutto grazie ai fiori
“L’arte è una ferita che diventa luce” scriveva George Braque all’inizio del ‘900. È la frase che mi torna in mente chiacchierando con Ivana Dondero, classe 1933, originaria di Ferrada di Moconesi. I suoi nonni erano tornati in Italia dopo essere emigrati in America. Un’infanzia felice, una famiglia agiata ed unita, Ivana è cresciuta aiutando i genitori nella bottega di alimentari: “Nel tempo libero ci si ritrovava con le amiche in piazza e si giocava al pampano”.
Alla ricerca del padre
È stata la guerra a mettere fine alla serenità di quel periodo. Nel 1944, mentre era a casa con i suoi fratelli, qualcuno ha sparato contro la finestra. Poco tempo dopo, una sera, si è presentato presso la loro casa un gruppo di uomini. Hanno detto di essere partigiani e di essere stati inviati per controllare se ci fossero armi. Il padre li ha lasciati entrare, sono saliti al piano superiore dove dormivano i bambini e hanno gettato via le loro coperte, devastato la loro casa e portato via tutto quello che potevano: «Non erano partigiani ma giovani di Moconesi - racconta Ivana - Lo abbiamo scoperto soltanto dopo. Mio padre è partito diretto al commando dei partigiani, un casolare a Moconesi, in una località di nome Ciose. Non lo abbiamo più visto ritornare»
Fu la cugina di suo padre, Ida Dondero, a chiederle di andare insieme al casolare per cercarlo: allora Ivana aveva soltanto undici anni e Ida sperava che vedendo una bambina i partigiani si impietosissero. Di quel giorno ricorda “una lunga strada a piedi e tanta paura”. Ma suo padre non era lì e gli uomini del commando non sapevano nulla di lui. Forse si trovava in quello di Neirone. Questa volta fu la madre di Ivana a partire, “camminando a lungo con indosso un paio di zoccoli, perché a casa non c’erano più scarpe”, ma anche questa ricerca non diede esiti. Il padre si trovava infatti in un’altra frazione di Moconesi, Santa Brilla, dove una famiglia, anch’essa tornata dall’America, lo nascondeva e mandava, quando poteva, notizie in paese. È tornato dopo due mesi. Da allora Ivana non sopportava più la vita nella casa di Ferrada: addormentarsi in quel letto significava rivivere ogni notte l’incubo dei vetri della finestra che si rompevano in mille pezzi, e l’incursione di quegli uomini.
La famiglia e i viaggi
A diciassette anni si è fidanzata con Elio Mangini, un amico di infanzia. Lui aveva appena avuto in incidente nella cava di ardesia in cui lavorava, e poiché chiedeva spesso di lei, Ivana si era decisa ad andare a trovarlo. «Nel vederlo in quello stato - confessa - mi sono spaventata tanto che sono uscita dalla stanza con una scusa, e sono svenuta nel corridoio dell’ospedale. Lui stava dormendo. Ho pensato di tornare a casa, ma proprio in quel momento è arrivata sua cugina, mi ha chiesto di restare, e così ci siamo visti. Dopo quel primo impatto sono tornata a trovarlo e alla fine… è scoccato l’amore!». Poi la gioia di due figlie, altrettanti nipoti e tanti viaggi. I due si sono uniti al gruppo dei Liguri nel Mondo e con loro sono stati più volte in America.
La perdita della sorella e la ricerca della serenità
Ma è stato nel ‘95, a seguito del decesso improvviso della sorella avvenuto qualche tempo prima, che ha scoperto la sua vocazione di artista. “Nelle lunghe notti insonni mi sono messa alla ricerca di un’attività che mi restituisse un po’ di serenità, e l’ho trovata con i fiori”.
Pressati e messi sottovetro creano composizioni di ogni forma e colore, fermati per sempre nell’istante più fulgido della loro bellezza. I proventi dei suoi quadri vanno tutti in beneficenza: mi mostra orgogliosa un quaderno in cui conserva articoli di giornale, foto ricordo e ringraziamenti. Sorride mentre mi fa visitare ogni stanza, ci fermiamo davanti a una grande stella di Natale, con i petali di un bel rosso vivo. Lei mi strizza l’occhio: «Quando sono un po’ arrabbiata - conclude - faccio un giro della casa, mi guardo intorno e mi dico “Bene, Ivana, continua così!” e alla fine il buonumore ritorna».
I commenti dei lettori
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