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edizione cartacea
di Antonino DI Bella | 29 Marzo 2019 | in categoria/e edizione cartacea
Il palmiere, le visite notturne ai sepolcri, il digiuno, il barbiere, il canestrello: le tradizioni di Pasqua in estinzione
Le tradizioni che preparavano alla festività della resurrezione: le seguite ancora tutte?
I preparativi cominciavano il sabato prima della Domenica della Palme. Quel giorno infatti era dedicato all’acquisto del palmiere a cui si aggiungevano i rami di ulivo.
Ma la cosa più ghiotta era sicuramente il “canestrello”, dolce di pane fatto a cerchio con al centro uno o due uova sode. Qualcuno legava il tutto col fiocco, azzurro o rosa, che rifiniva il grembiule della scuola elementare.
La domenica delle palme il tutto si portava alla benedizione della palme e poi in processione fino alla chiesa, qui si ascoltava la (lunga) lettura della Passione di Gesù e alla fine della messa consegnato il palmiere ai genitori eccoci giocare al calciobalilla nei locali parrocchiali.
Nel cristianesimo, la domenica delle palme è la domenica che precede la Pasqua. In questo giorno si ricorda il trionfale Ingresso a Gerusalemme di Gesù, in sella a un asino e osannato dalla folla che lo salutava agitando rami di palma (12,12-15); la folla, radunata dalle voci dell'arrivo di Gesù, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi intorno, e agitandoli festosamente gli rendevano onore. La ricorrenza è osservata da cattolici, ortodossi e protestanti.
Tornati a casa si consumava il pranzo e finalmente si poteva mangiare il canestrello!
Giovedì - il pellegrinaggio notturno a visitare i sepolcri
Le vacanze pasquali iniziavano il giovedì “santo”’, giorno che inaugurava il triduo pasquale. Nel tardo pomeriggio si faceva memoria nella Cena Domini (Coena Domini) dell’istituzione dell’Eucarestia e poi alla fine in silenzio si usciva. Eppure nonostante la celebrazione fosse all’insegna della tristezza noi eravamo felici, perché quella sera dopo aver cenato si usciva a fare il pellegrinaggio per visitare i sepolcri - ora chiamati “altare della reposizione” - nelle varie chiese della città. All’epoca rimanevano aperte tutta la notte per dare la possibilità ai fedeli di visitare quelle manifestazioni di fede e di pietas umana. Alcuni sepolcri erano delle vere opere d’arte: oltre ai simboli della tradizione come il bicchiere rotto o rovesciato simbolo del tradimento di Giuda o la corona di spine e gli attrezzi della fustigazione e del martirio di Gesù, si affiancavano composizioni con quadri e tappeti degni di mostre. A fare da cornice al tutto comparivano splendide combinazioni di fiori dai colori vari e vivaci, poi dentro a piccoli vasi ecco sbucare i filamenti color giallino dei grani di frumento tenuti nei giorni precedenti quasi al buio per simboleggiare nella tradizione il passaggio dalle tenebre alla luce della Resurrezione. A Genova il Sepolcro più visitato è quello nella Cattedrale posto nell’altare di S. Giovanni Battista ed è addobbato con un paliotto d’altare in argento e una cassa del Corpus Domini del 1612, oltre a preziosi broccati e fiori multicolori.
Venerdì - digiuno e austerità (ma non per tutti)
Oltre ad essere giornata di digiuno e astinenza dalle carni (o perlomeno ci si provava), il venerdì santo non suonavano le campane perché erano state “legate” e a mezzogiorno invece dello scampanio nel mio quartiere passavano i chierichetti più grandi con uno strano attrezzo per avvisare che era l’ora di pranzo.
Ecco una domanda per i nostri lettori: come si chiamava quello strumento che sembrava una specie di grossa grattugia che gracchiava e ci ricordava che eravamo arrivati al venerdì di passione?
In questo giorno molti cinema erano chiusi e la tv, allora in bianco e nero, trasmetteva programmi a tematiche religiose o comunque compassate e anche i tg erano all’insegna di un’austera informazione. Per noi bambini il giorno era dedicato un poco ai compiti e molto al gioco poi alla sera ecco la possibilità di uscire di nuovo: ci attendeva la via crucis per le vie del quartiere e accanto alle preghiere e ai canti della processione ci scappavano scherzi (come suonare i campanelli) e tante risate.
Sabato - barbiere e veglia
Il pomeriggio della vigilia si andava dal barbiere a tagliare i capelli “per essere ordinati” e poi il bagno. Il dopocena era dedicato alla Veglia Pasquale. In questa notte in concomitanza col canto del Gloria le campane riprendono a suonare e l’Alleluja risuona nuovamente nel tempio. Passato il sonno e fatti gli auguri ai vicini di sedia o di panca si arriva fino in fondo della cerimonia religiosa.
Domenica di Pasqua - dolci e sorprese
Dopo pranzo, fatta una salutare passeggiata per smaltire le libagioni si guardava il cielo sperando che il tempo volgesse al bello per l’indomani...
Lunedì dell’Angelo - la prima scampagnata
Armati di coperte, palloni e cappelli per il sole e sempre con la colomba e pezzi di uovo, si procedeva alla ricerca del posto migliore. Al prato del Biscia in Val Graveglia o in Cian Panigà vicino al Passo di Romaggi pareva di assistere ad un esodo biblico tante erano le auto cariche di persone. I più sportivi partecipavano alla Marcia di S.Leonardo organizzata dalla S.S. Cavese. Il percorso partiva da Cavi nuovo e si inerpicava sulle colline e si ritornava a Cavi vecchio proprio quasi in riva alla spiaggia. Anche in questa occasione compagnie di giovani accanto a bambini e “ragazzi della terza età” si muovevano spinti dalla voglia di stare insieme in allegria. Ritornavamo a casa stanchi ma contenti perché il giorno dopo era ancora festa ma soprattutto perché ormai eravamo quasi nella fase conclusiva della scuola; poco dopo arrivava il 25 aprile e poi subito il Primo Maggio. Erano altre due occasioni per saggiare il terreno delle scampagnate o provare a fare un primo bagno quasi sempre con un’acqua ancora gelida.
I commenti dei lettori
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