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edizione cartacea, storia locale
09 Ottobre 2018 | in categoria/e edizione cartacea storia locale
#Memorial - Il 2 Novembre e quei bellissimi offiçiêu “per far luce ai nostri morti”
Li hai ancora? Invia la foto a redazione@corfole.com
Oggi non esiste più una tradizione di quand’ero bambino: mi riferisco alla pratica religiosa di accendere e bruciare in chiesa e poi a casa l’offiçiêu nel giorno della commemorazione dei defunti. Già il nome faceva pensare a qualcosa di suggestivo e forse derivava storpiando il termine francese “officier”, cioè officiare una funzione per i defunti.
Erano lumini composti da una matassa di fili di cera sottile, multicolori, arrotolati e piegati per prendere forme diverse: libretto, fiaschetta, cestino, cuore, scarpetta, borsetta per le bambine, ecc. C’erano, dunque, diversi tipi di offizieu, più o meno colorati e di varie grandezze, ma tutti con quelle candelette che, via via, venivano srotolate e si consumavano bruciando. Nelle case, nel giorno dei Santi, venivano tirati fuori e preparati per portarli in chiesa, nella funzione pomeridiana del due novembre. Era la funzione a suffragio di tutti i defunti e, come dicevano gli adulti, si accendevano gli offiçiêu “per far luce ai nostri morti”.
Che belle tutte quelle lucine in chiesa
Tutti i bambini arrivavano,dunque in chiesa con questi lumini tra le mani e si sentiva il fruscio di chi li sfasciava dalla carta per collocarli sulla panca. Ad un certo punto della funzione, in cui si recitavano dei Salmi e la preghiera de “L’eterno riposo”, le nostre madri tiravano fuori dalla borsetta la scatola dei fiammiferi e accendevano l’offiçiêu. Bisognava estrarre la candeletta con lo stoppino pronto, e appena acceso la luce splendeva. Tante lucine che oscillavano contemporaneamente nella piccola chiesa del paese. Per noi bambini era come una festa: l’intenzione era quella di far luce ai morti, ma noi ci mettevamo anche le nostre intenzioni, fra cui quella del gioco.
Era come una gara per vedere, anzitutto, com’erano fatti gli offiçiêu degli altri bambini, chi l’aveva più bello, colorato o più grande, e poi per notare quali non riuscivano ad accendersi, quali si spegnevano subito e quali si sarebbero consumati per primi. Chi resisteva con l’offiçiêu acceso fino al termine della cerimonia, poteva andarne fiero.
Ora ho compreso il significato
Allora, da bambino, non potevo capire (e nessuno aveva nemmeno tentato di spiegarlo, andando oltre la solita frase del “far luce ai morti”) il significato profondo, religioso e simbolico della luce che si accende e che si mantiene viva pregando per le anime dei defunti. Eppure, sarebbe bastato che qualcuno, tra gli adulti ed i sacerdoti, mi avesse detto che l’anima di chi muore, nell’altro mondo va incontro alla Luce divina e si sente felice, inondata appunto dalla “Luce perpetua”, come viene detto nella preghiera che ci veniva fatta recitare a memoria e meccanicamente dalle signorine del catechismo.
Testimonianza di
Giovanni Sale, Rapallo
I commenti dei lettori
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