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    edizione cartacea, storia locale

    di Giansandro Rosasco | 09 Ottobre 2018 | in categoria/e edizione cartacea storia locale

    Le restauratrici di “chiavarine”: da tre generazioni le donne della famiglia Bacigalupi si tramandano l'arte dell'impagliatura

    Le restauratrici di “chiavarine”: da tre generazioni le donne della famiglia Bacigalupi si tramandano l'arte dell'impagliatura

    A carêga de ciâvai
    Apprezzata da Carlo Alberto di Savoia, da Napoleone III e dallo scultore Antonio Canova che la definì «Un miracolo di tecnica ed eleganza!», fino alla Casa Bianca, la "chiavarina" fa oggi parte dei prodotti di eccellenza dell'artigianato ligure. Forse non tutti sanno chi la inventò e soprattutto perché.

    Il suo inventore la gettò dalla finestra
    Fu creata dal chiavarese Giuseppe Gaetano Descalzi detto "Campanino" (poiché nipote del campanaro della chiesa di Bacezza), abile e geniale artigiano, ebanista e seggiolaio, che contribuì alla rivalutazione dell’artigianato, ottenendo vasti consensi anche all’estero, tanto da essere soprannominato Principe degli Ebanisti. Nel 1807 l'allora presidente della Società economica di Chiavari, il marchese Stefano Rivarola, tornò da Parigi con alcune sedie di stile Impero ed invitò il Descalzi a realizzarne una rielaborandone lo stile. Il nostro ebanista ne semplificò la struttura e i decori e sostituì la seduta imbottita con una ottenuta dall’intreccio di striscioline di salice palustre (poi sostituita dal trafilato di canna d’India, molto più resistente e di facile reperibilità) intrecciate a mano in trama e ordito direttamente sul telaio della seggiola e annodata secondo il sistema ideato dallo stesso Descalzi.
    Questo lavoro veniva affidato esclusivamente alle donne che inserivano tra i fili disegni eseguiti con la lana colorata. La tessitura veniva terminata inserendo i vari fili nell’anima dei due legni rimasti liberi e chiudendo l’intero sedile, usando un coltello e una stecca d’acciaio a punta. I primi modelli di sedia furono realizzati con il legno di ciliegio selvatico locale, successivamente venne adottato anche l’acero bianco tedesco o americano. La vera svolta avvenne più tardi, quando il Descalzi scoprì sull’Appennino Ligure una qualità di acero migliore di quello importato dall’estero.
    Grazie alla tipologia di incastri e alla distanza fra le gambe la chiavarina si rivelò molto più robusta di quanto il suo aspetto lasci intuire: si narra che per dimostrarlo la gettò dalla finestra e che la seggiola, pesante poco più di un chilogrammo, sia rimbalzata sulla strada senza rompersi, dando prova della sua robustezza. Il risultato fu quindi un oggetto leggerissimo e al contempo robusto, che sapeva coniugare l’eleganza a uno stile moderno. Ancora oggi il termine “campanino” identifica il più antico modello di chiavarina.

    Successo, declino, infine “eccellenza”
    La sedia ebbe talmente successo che in breve tempo nacquero moltissime manifatture anche nei comuni limitrofi: alla morte di Descalzi, nel 1855, si contavano circa 600 impiegati nel settore. La fortuna di questa sedia declinò per l'avvento delle austriache sedie Thonet, prodotte in serie, meno costose, e costituite di pochi elementi facilmente smontabili. E in seguito per la concorrenza della produzione industriale. Oggi la chiavarina è passata da suppellettile quotidiano a oggetto di design, prodotta da poche botteghe ancora con metodi e materiali tradizionali.

    Noi che le restauriamo
    Abbiamo incontrato una famiglia, in Val Fontanabuona, particolarmente attiva e meticolosissima che raccoglie ben tre generazioni. Tutto partì da nonna Ester che imparò da un’amica e restaurò sedie fino ad ottant’anni, la tradizione fu poi tramandata alle figlie Roberta ed Alessandra ed infine alla nipote Giada che iniziò per gioco proprio con la nonna e oggi a soli ventidue anni è già abilissima con spada e spadino (due attrezzi indispensabili per la realizzazione). Insomma, se avete una chiavarina da restaurare potete chiamare il numero 347.3932235: la famiglia Bacigalupi vi saprà aiutare a mantenere in vita queste che non sono solo sedie ma autentici pezzi di valore storico e artistico.




     


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