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    edizione cartacea, sport, storia locale

    di Simone Parma | 06 Dicembre 2017 | in categoria/e edizione cartacea sport storia locale

    Vado a 100 all'ora: i centenari raccontano - “A mè casa, i mèe strufuggi, a mè Zena, i mèe caruggi”

    Vado a 100 all'ora: i centenari raccontano - “A mè casa, i mèe strufuggi, a mè Zena, i mèe caruggi”

    Emilia Segantini racconta Genova, le tradizioni, le difficoltà ma anche la libertà dei vicoli. E del suo tifo sfegatato per il calcio!

    Andiamo a trovarla a Bertigaro (comune di Borzonasca), un luogo in cui il tempo sembra scorrere più lentamente. Veniamo accolti dalla figlia Rosa e subito siamo travolti da un’ondata di energia in totale contrasto con il tranquillo paesaggio in cui è immersa l’abitazione. Un’energia talmente positiva da aver permesso ad Emilia Segantini di raggiungere e superare la soglia dei cento anni in piena forma, tanto che inizia subito a raccontarci la sua vita:“Vico Dritto Ponticello è stato il luogo in cui sono nata e ho vissuto fino all’età di otto anni. Abitavamo proprio accanto a Porta Soprana e alla Casa di Colombo, ma tutto era diverso. Uscivamo da soli, andavamo in giro per i caruggi ed eravamo liberi e senza paure. Adesso al posto della nostra casa hanno costruito un parcheggio e la città è così cambiata..così frenetica!”.

    Emilia ci dipinge una cartolina di Genova negli anni ‘20, un vivace porto con un centro storico ancora ricco delle sue tradizioni e dei suoi costumi, anche famigliari: “Con mio cugino andavamo spesso tra i vicoli in libertà, ma dovevamo assolutamente rispettare gli orari di rientro. Non si poteva sgarrare nemmeno di dieci minuti o si rischiava di dover passare la notte sulle scale...e a qualcuno successe per davvero!”.


    La guerra, lo sfollamento, la fame
    Del periodo della Seconda Guerra Mondiale Emilia non parla molto volentieri: “Prima abitavamo in zona Marassi e riuscivamo a vedere da casa le opere liriche nello stadio! Dopo fummo costretti, come tanti, a sfollare verso l’interno. Ci rifuggiammo a San Cosimo di Struppa che era piena campagna”.
    Emilia e sua mamma cucivano e grazie a questo riuscirono a instaurare buoni rapporti con i paesani, ma era il cibo a mancare: “Andai fino a Piacenza a piedi per recuperare qualcosa da mangiare... furono tempi duri”.


    La rinascita, tra lavoro, balli e tifo!
    La guerra finì e prima di tornare in città Emilia si era sposata: “Un giorno, dopo essere tornati a Genova incontrai mio cugino, quello con cui giravo per i caruggi, che aveva aperto un banco del pesce e mi invitò a lavorare con lui. Fu così che per più di trent’anni lavorammo insieme sul mercato”. Un lavoro faticoso, ma che le diede la possibilità di ricostruirsi una vita.

    Una sola grande passione: la SAMP!
    Ma c’è una cosa che più di altre fa illuminare gli occhi di Emilia: la Sampdoria: “Domenica abbiamo vinto contro la Juventus!”. Un amore nato nel 1952 e che la portò a seguire la squadra blucerchiata persino in trasferta: “Eravamo tutti insieme, giravamo tutto il nord italia e sostenevamo la nostra squadra. Ci divertivamo”. E così la Samp ha voluto celebrare la sua supporter da record donandole una maglia personalizzata e invitandola in tribuna d’onore.

    Ma il calcio non era l’unico svago: “Andavamo a fare gare di canto e ballavamo sempre anche fino a tardi alla Cordo Bianca. L’aria di genova era positiva e ci sentivamo sicuri. Se il lavoro durava fino a tarda notte scendevamo e andavamo a prenderci un caffè alla pasticceria Stagno che restava aperta fino dopo la mezzanotte”. Poi con il passare degli anni Emilia e la sua famiglia si sono spostati sempre più verso la tranquillità: prima Recco, poi Uscio, infine Borzonasca “Qui si sta bene, ma non fatemi toccare nemmeno una foglia, io in giardino non ci vado!” ci dice ridendo Emilia.

    Il Natale, quello semplice e felice
    Nel corso dei suoi cento anni la signora Emilia l’ha visto trasformarsi: “Babbo Natale non esisteva, c’era solo Gesù Bambino. Il massimo che potevamo concederci era andare a Sottoripa a comprare frutta secca e uvetta e anche il pandolce si mangiava solo il giorno di Natale. Le ferie erano il 25 e il 26 Dicembre e poi si tornava a lavorare. Ma eravamo felici, più felici di tanti giovani di adesso che hanno ferie e tanto tempo libero!”.
    Che energia signora Emilia, continui ad andare a cento all’ora!



     


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