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    ecologia, edizione cartacea, storia locale

    di Simone Parma | 03 Giugno 2017 | in categoria/e ecologia edizione cartacea storia locale

    COME ERAVAMO - Mucche, letame, mosche e flit - La guerra dei contadini: dalle raffinate moschiere agli spray

    COME ERAVAMO - Mucche, letame, mosche e flit - La guerra dei contadini: dalle raffinate moschiere agli spray

    Come già abbiamo raccontato, un tratto fondamentale del passato contadino della Val Fontanabuona sono state le mucche. Ognuno ne possedeva almeno una nella stalla sotto casa, sufficiente per soddisfare le esigenze familiari: oltre al latte da bere, si producevano formaggette, burro (che si usava per sostituire l’olio di oliva, qui molto raro) e la ricotta. Mantenerle però comportava anche dare loro molto cibo che poi si trasformava in letame. Lo “stallatico” era lasciato fuori dalla stalla, in attesa di essere portato sui campi con i “valli” (ceste fatte con strisce di legno di castagno) come fertilizzante per le varie colture. Con il passare dei giorni queste montagne diventavano maleodoranti, ma a questo il contadino non faceva caso; cosa ben più fastidiosa era il fatto che diventassero dei veri e propri allevamenti di mosche. Una vera tortura, ieri come oggi, tanto che non si contano le armi o i rimedi inventati nelle varie epoche. Vediamone alcuni.

    Provate a dire para-diclorodifeniltricloroetano
    Nel 1939 arrivò nelle case uno spray insetticida che cambiò il modo di affrontarle: il Flit. Il suo vero nome era para-diclorodifeniltricloroetano o DDT e in un primo tempo venne ritenuto innocuo per l’uomo, ma erroneamente. Nel 1978 infatti fu bandito perchè cancerogeno e dannoso per la specie umana. Allora si dovette ripiegare sulle strisce di carta moschicida, sulle quale le povere mosche si appoggiavano senza più riuscire a riprendere il volo. Nei ristoranti e negozi si vedevano pendere queste strisce, che col tempo diventavano animate dal ronzio delle mosche e non era certo uno spettacolo decoroso!  In casa i sistemi erano meno cruenti: si usava una moschiera di vetro, una specie di vaso, aperto con risvolti al di sotto dove, rovesciandolo, si metteva l’acqua. Le mosche, attirate all’interno da un foglio di carta con frutta fresca provavano a volare via, ma rimanevano inghiottite, cadendo nell’acqua.




     


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