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    attualita, cultura, edizione cartacea

    07 Marzo 2017 | in categoria/e attualita cultura edizione cartacea

    Il 25 marzo torna l'ora legale: perché fu inventata? Storie di treni, di un matematico stravagante e di quando in Italia c'erano cinque fusi orari!

    Il 25 marzo torna l'ora legale: perché fu inventata? Storie di treni, di un matematico stravagante e di quando in Italia c'erano cinque fusi orari!

    La notte tra il 25 e il 26 Marzo ricordate di spostare in avanti di un’ora le lancette prima di addormentarvi: alle 02:00 torna infatti l’ora legale. Si dormirà un’ora in meno, con un po’ di confusione e gli orari un po’ stravolti. Niente in confronto alla confusione che doveva regnare in Italia, e anche nelle altre nazioni, negli anni Sessanta del 1800, quando lungo il nostro stivale c’erano ben cinque fusi orari. Sì, avete capito bene, percorrendo la penisola avreste dovuto sistemare l’orologio a Torino, Verona, Firenze, Roma e Napoli. Basandosi sulle meridiane e quindi sul movimento del sole, le città avevano orari differenti, scanditi dalla campana della chiesa principale.
    Il problema si presentò con l’avvento delle ferrovie: come avrebbero fatto a coordinare i treni se in una stazione erano le 12.00 e contemporaneament ein un’altra le 11:45? Un bel problema, che sino a quel momento non si era posto, ma la rivoluzione dei treni impose anche la rivoluzione degli orologi.

    Carlo Bossoli: Ponte sullo Scrivia tra Ronco ed Arquata (ca 1860). Litografia ex Museo Ferroviario di Roma Termini (Bibl.2)

    ...poi si passò da cinque orari diversi a tre (ma non bastò)
    Così nel 1866 venne stabilito che: “Il servizio dei convogli nelle ferrovie, quello dei telegrafi, delle poste, delle messaggerie e dei piroscafi postali nelle provincie continentali del Regno d’Italia verrà regolato col tempo medio di Roma a datare dal giorno in cui sarà attivato l’orario delle strade ferrate per la prossima stagione invernale 1866-67” Unica ’eccezione rimasero le isole: “[...] in Sicilia e Sardegna i servizi predetti saranno regolati ad un meridiano preso sul luogo nelle rispettive città di Palermo e di Cagliari”.  Da cinque orari diversi a tre, un passo in avanti che però non fu sufficiente per restare al passo coi tempi (in tutti i sensi!). La soluzione arrivò con l’invenzione dei fusi orari, da parte di uno strano matematico.

    I fusi orari: l’invenzione di un italiano un po’ strambo
    Nel 1893 in un colpo solo, grazie all’invenzione dei fusi orari da parte del matematico Giuseppe Barilli, oltre che riunire gli orari di tutte le città d’Italia in un unico tempo, si riuscì a sincronizzarsi con gli altri stati europei. L’avvento dell’orario unico fu sancito così: “Il servizio delle strade ferrate in tutto il Regno d’Italia verrà regolato secondo il tempo solare medio del meridiano situato a 15 gradi all’Est di Greenwich, che si denominerà tempo dell’Europa Centrale”.


    Giuseppe Barilli (Budrio, 20 aprile 1812 – Bologna, 18 dicembre 1894) conosciuto anche con lo pseudonimo di Quirico Filopanti (“colui che ama tutti”), è stato un politico, astronomo e matematico italiano. Nato in una famiglia povera si distingue subito alla scuola parrocchiale per l’attitudine agli studi di matematica, tanto che il sacerdote e l’arciprete si interessano del ragazzo che viene accolto a frequentare gratuitamente la scuola di latinità budriese. Dopo un’iniziale frequentazione dell’Università di Teologia si laurea brillantemente in Matematica e Filosofia presso l’Università di Bologna, grazie al sostegno economico del Consiglio delle Comunità che, in seguito a una deliberazione straordinaria mai prima adottata, decide di fargli continuare gli studi a spese del Comune di Budrio. Continuerà a studiare Ingegneria meccanica ed Idraulica. Nel 1835 a Budrio, tiene la prima conferenza pubblica, che diventerà la prima opera a stampa di Filopanti: “Dell’influenza delle arti e delle scienze sull’incivilimento e di questo sul migliore stato della società” (Firenze, 1836). Ne seguiranno molte altre ma è nella sua opera Miranda! del 1858 che propose per la prima volta i fusi orari, cioè quella di suddividere idealmente la terra in corrispondenza dei meridiani in 24 zone (fusi) ad ognuno dei quali avrebbe dovuto corrispondere un orario. Ogni fuso avrebbe dovuto differire dal successivo di un’ora, mentre avrebbero coinciso i minuti e i secondi. Il primo fuso avrebbe dovuto essere centrato sul meridiano di Roma. La suddivisione in fusi avrebbe determinato il tempo locale (L). L’ipotesi prevedeva anche la determinazione di un tempo universale (U) che si sarebbe dovuto utilizzare come riferimento unico nell’astronomia e nelle comunicazioni telegrafiche.



     


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