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edizione cartacea, storia locale
di Simone Parma | 13 Dicembre 2016 | in categoria/e edizione cartacea storia locale
L'alloro addobbato con pasta e fichi secchi, le scarpe nuove "per finta", il rito del pandolce e tra i regali più attesi zucchero a cubetti e i canditi: Albertina ci racconta il Natale di una volta
La stufa economica, qualche candela, i rami di ginepro o di alloro addobbati con pasta e fichi secchi. Fuori probabilmente nevicava, più che oggi. E i doni, semplici ma preziosi, li portava Gesù Bambino.
Albertina ci riporta a quell’atmosfera, raccontandoci gli usi, le speranze e le tradizioni
GUARDA IL VIDEO E ASCOLTA I SUO RACCONTO
La porta chiusa a chiave e la fetta di pandolce per i viandanti
Il giorno di Natale il padre di famiglia chiudeva la porta a chiave cosicché nessuno potesse disturbare la quiete. Il tempo si fermava, scandito dai rituali: la poesia, la preghiera, i cibi tradizionali. Il pandolce era uno delle cose più attese e veniva preparato settimane prima, poi custodito nelle cantine e nelle dispense. Ma la fame quando si è piccoli difficilmente riesci a controllarla: «La tentazione di assaggiarlo prima di tutti era troppo forte, così con altre due amiche ne prendemmo uno, che era anche il più grosso! Ne mangiammo l’interno, aprendo il fondo e scavandolo, lasciando intatto il resto così quando mia nonna se ne accorse diede la colpa ai topi, ma la interruppi e le dissi: “Nonna i ratti siamo stati io e le mie amiche!”». C'erano poi gesti ormai perduti: era sempre il più vecchio a tagliare la prima fetta di pandolce, che poi si lasciava per il povero, il viandante, che ne avrebbe potuta chiedere una passando fuori da casa. Un successe per davvero: «eravamo tutti seduti a tavola quando un povero suonò alla porta e lì per lì ci spaventammo, poi gli portai il piattino con la fetta di pandolce e lui si mise a piangere dalla commozione».
Tra i regali più attesi lo zucchero a cubetti e i canditi
Spesso erano fatti in casa, ma ce n’era qualcuno davvero speciale: «una scatola di zucchero a cubetti era un regalo molto apprezzato, mentre per mio padre non era Natale senza i canditi di Romanengo, così si concedeva il lusso di comprarne alcuni, ma erano davvero cari!». Per noi bambini era Gesù Bambino a portare i doni, anche se non sempre riusciva a soddisfare tutti: «un anno chiesi gli acquarelli e mi aspettavo una grande scatola, invece ne arrivò una così piccola che pensai che Gesù Bambino quell’anno proprio non mi aveva vista!».
Alla messa di mezzanotte con le scarpe nuove. O nuove per finta
«Era l’evento più importante dell’anno e ci si teneva ad andarvi bene vestiti, ma non sempre si riusciva a comprare le scarpe nuove, così si spalmava su quelle vecchie un’intera scatola di “lustro” per farle tornare come nuove».
Qual era lo spirito del Natale?
«Quel giorno non pensavamo di essere poveri e nella nostra povertà eravamo gran signori, perché eravamo contenti e ci piaceva tutto quello che il Signore ci permetteva di mettere sulla tavola. Quando eravamo piccoli nessuno ci ha mai chiesto "cosa volete da mangiare" oppure "ti piace questo?", quello che trovavamo mangiavamo. E quella volta che tolsi tutti i fagioli dal minestrone, una volta finito mio padre me li rimise tutti nel piatto e mi disse "Quella è roba tua" e ho dovuto mangiarli tutti!».
Un Natale con pochi fronzoli e senza strade illuminate, ma mentre ce lo racconta sono gli occhi di Albertina ad illuminarsi.
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