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attualita, benessere, edizione cartacea, salute, sport
di Matteo Noceti | 05 Settembre 2016 | in categoria/e attualita benessere edizione cartacea salute sport
Paralimpiadi RIO2016 - Vittorio ha perso l'uso delle gambe in un incidente ma non si è arreso ed è diventato campione di handbike: prepariamoci a tifare per lui!
Se lo sport è sacrificio, passione, coraggio, sfida dei propri limiti, se guardiamo alle Olimpiadi come alla migliore versione di tutto questo, allora le Paralimpiadi sono perfino qualcosa di più. E allora dal 7 al 18 settembre seguiamo gli oltre 4.300 atleti provenienti da 176 Paesi del mondo. Tra loro c’è anche l’handbiker levantino Vittorio Podestà che alla sua terza edizione entra nel gotha degli atleti liguri. E lo fa carico come sempre: “ho vinto molto e quindi arrivo da favorito nella mia categoria, ma non sarà facile: tutti daranno il 110%”
Sarebbe il coronamento di una carriera trionfale, costellata di affermazioni in Coppa del Mondo, successi iridati e medaglie olimpiche. Si fatica a fargliene scegliere una: “La prima Maglia Tricolore mi ha convinto a fare di questa passione un lavoro, però il primo Mondiale non si scorda mai; le medaglie olimpiche hanno grande valore, e una gara cui sono particolarmente legato è la “Rosenau 2011 (Francia, ndr). Venivo da un periodo difficile: senza complimenti mi avevano estromesso dal giro della Nazionale e il tracciato non si addiceva alle mie caratteristiche. Partii comunque per vincere e lo feci. Le vittorie più belle sono quelle magari meno blasonate, ma con retroscena particolari”.
Indimenticabili anche le precedenti Paralimpiadi: “A Pechino mi sentivo nel posto migliore dove poter essere: legai con atleti con diverse disabilità e, ascoltando le loro storie, passai momenti davvero intensi. Di Londra 2012 ricorderò il seguito: gli spalti erano gremiti come in Formula 1, molto gratificante”.
“Mi alleno sulla SP225: ma quante buche!”
Tutti questi trionfi hanno dietro un duro allenamento, ore e ore ogni giorno a macinare chilometri sulle nostre strade, dove vi sarà certo capitato di vederlo: “Vado spesso in Val Fontanabuona, ma non è piacevole: prendo molti colpi a causa del martoriato asfalto, che mi spossano più dell’allenamento stesso. Ma siamo talmente messi male che, senza quelal strada, in Liguria potrei allenarmi solo ad Albenga. Quindi sono costretto ad andare all’estero”. È un fiume in piena, Vittorio, sul rapporto con la terra natia: “Fa piacere tornare a casa, ma non ci pesa stare lontani; il merito della Liguria è l’avermi dato i sostenitori della mia attività, persone che hanno voluto credere nell’atleta.”
“Un incidente mi ha cambiato la vita, l’handbike me l’ha cambiata di nuovo”
Lo tira in ballo lui, l’eterno dilemma sulla maggior importanza della mente o del fisico: “La testa crea le motivazioni, senza le quali un atleta si ferma. Chiaro che, in assenza di un fisico ben allenato, non può fare miracoli”.
A fare il miracolo è stato l’handbike, il mezzo che gli ha (ri)cambiato la vita dopo l’incidente del 2002: la ruota della sua automobile tocca il cordolo della strada e si ribalta. L’incidente gli causa una doppia torsione della colonna vertebrale, con la rottura delle vertebre dorsali e la conseguente lesione del midollo spinale: Vittorio subisce una paralisi degli arti inferiori. “Temevo di dover abbandonare la bici, mia grande passione, e la sensazione di libertà regala. Provando l’handbike rimasi folgorato perché riabbracciai quelle emozioni: con gli anni ho avuto modo di diventare un pilota vincente e uno sviluppatore di questi mezzi, cosa appagante per l’ingegnere Podestà”.
“La gara più difficile? Abbattere i pregiudizi sui disabili”
Ancora troppe volte caratterizzano il mondo di disabili e paratleti: “Mi piacerebbe si spegnesse la fiaccola olimpica solo dopo la Paralimpiade: sarebbe un bel messaggio”. Di uguaglianza. “Parlando di Italia – incalza – non è peggio di altri paesi, ma deve abbandonare i retaggi culturali che ci vedono soggetti passivi. Diamo alla società lo stesso contributo dei normodotati,e possiamo avere vite soddisfacenti, come chiunque si crei i presupposti. Il problema è che si ragiona come nel dopoguerra, senza considerare gli evidenti progressi”. E che non sia più il caso di trattarli da “diversi” è il fulcro del suo sentire, tanto che: “Sogno categorie miste disabili-normodotati: un segnale di apertura e di sicuro non uno svantaggio per noi”.
E allora prepariamoci a tifare per lui, parafrasando il tormentone estivo “Andiamo a comandare!”, con “Andiamo a spodestare!”
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