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attualita, edizione cartacea, games e techno, tempo libero
di Matteo Noceti | 01 Marzo 2016 | in categoria/e attualita edizione cartacea games e techno tempo libero
2017: lo sbarco dei robot. Ci aiuteranno in casa, nell'assistenza ai disabili e in situazioni pericolose. Anche grazie a un giovane ricercatore sestrese
Quella dei robot intelligenti è un sogno a cui l’uomo strizza l’occhio da decenni, e che potrebbe trasformarsi presto in realtà. A spiegarcelo è Silvio Traversaro, 27enne sestrese dottorando all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, che da quattro lavora al Progetto iCub, ossia quanto di meglio possa offrire oggi il panorama robotico tricolore: “nato nel 2005 da molte istituzioni, tra cui le università di Genova e Pisa, l’Istituto Tecnico di Lisbona e la Plymouth University, ha l’obiettivo di realizzare una comune piattaforma robotica capace di simulare comportamenti umani”.
Silvio si è diplomato al liceo Marconi, “dove preferivo le materie umanistiche! Poi, valutando gli sbocchi lavorativi, all’università mi sono dato alle scientifiche, quindi tre anni a informatica e due al corso di Ingegneria Robotica”.
Perché la robotica? “Perché più che una disciplina è un’integrazione di materie cui si accede da svariate facoltà: fisica, matematica e ingegneria meccanica solo per citarne alcune. E’ entusiasmante.” La tesi di laurea magistrale, eseguita con il Dottor Francesco Nori (a capo del progetto iCub), è stata il trampolino verso questo progetto sensazionale: “un ambiente dinamico, in cui lavorano ricercatori giovani; io studio e lavoro, sono stipendiato ma anche tenuto a fare corsi di aggiornamento, ma amo il fatto di lavorare in un team che abbia un obiettivo comune”.
Nel 2017 in arrivo robot domestici
Il primo iCub ha già visto la luce: è piccolo, ha lineamenti dolci, costa circa 200mila euro e ha raccolto svariati consensi, tanto che “oggi esistono 30 sue copie nel mondo, e molti stanno cercando di sviluppare questo progetto in altri campi di studio della robotica, quali lo sviluppo della camminata. La nuova sfida, come peraltro spiegata da Giorgio Metta e Roberto Cingolani (rispettivamente direttore della iCub Facility e direttore scientifico dell’Iit genovese, ndr) – prosegue Traversaro – è realizzare un robot più grande, conveniente, e in grado di muoversi in modo disinvolto negli ambienti domestici. Le tecnologie sono ancora in fase di ricerca ma ci si pone di immettere nel mercato di massa robot che verrebbero usati nella vita di tutti i giorni, ad esempio spingendo la carrozzina ai disabili oppure recitando il menu di un ristorante. Si pensa di proporre qualcosa per la metà del 2017”.
Tra paure e opportunità
Qualcuno potrebbe avere paura di questa evoluzione, forse perché si parla esplicitamente di robot. Ma la realtà è che siamo circondati da forme di automazione, come quelle dei caselli autostradali, dove una volta c’era un uomo che alzava la sbarra. La svolta messa in cantiere è epocale e, secondo Traversaro, avrebbe risvolti positivi sull’economia generale, in quanto “esiste un problema di comunicazione: tutti pensano che l’automazione porti alla riduzione dei posti di lavoro, ma il punto è un altro: io sarei contento di lavorare meno e ottenere la stessa quantità di beni e servizi, a patto di continuare a venire retribuito. Il processo evolutivo è inarrestabile, ha avuto inizio con la prima rivoluzione agricola e prosegue da migliaia di anni: la sfida del secolo sarà quella di gestire la ricchezza derivata dall’automazione, un processo che sfocia nella politica”. Non fa una piega, anche se resta da capire perché le aziende dovrebbero continuare a tenere a libro paga persone produttivamente inutili, in quella che ad oggi pare la prospettiva più utopistica dell’intero discorso. In ogni caso va ricordato che la strada è ancora lunga e per arrivare a convivere con suggestioni fantascientifiche spinte potrebbero volerci decenni, ma l’obiettivo è ben chiaro: realizzare sorte di elettrodomestici 2.0 capaci di aiutarci nelle nostre attività, o sostituendoci in frangenti pericolosi: “La centrale nucleare esplosa nel 2011 a Fukushima in Giappone ne è l’esempio: all’epoca, come del resto oggi, la tecnologia umanoide non era sufficientemente sviluppata per muoversi in un ambiente simile; per questo motivo studiamo come evolverla, cosicchè, nello sciagurato caso di evenienza, l’uomo non sarebbe costretto a imbattersi in luoghi così pericolosi ma ci andrebbero i robot”. Sotto questo aspetto, una miglioria non da poco. La sfida è di quelle importanti, e il Levante ne fa parte.
Tratto da CORFOLE! del 3/2016, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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