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    attualita, benessere, edizione cartacea, salute, vergogna

    di Simone Parma | 28 Novembre 2015 | in categoria/e attualita benessere edizione cartacea salute vergogna

    Curare in casa i propri malati o disabili: più amore e meno costi per la collettività. Ma l'Italia preferisce gli sprechi. La battaglia di Roberto e dei “caregiver famigliari”

    Curare in casa i propri malati o disabili: più amore e meno costi per la collettività. Ma l'Italia preferisce gli sprechi. La battaglia di Roberto e dei “caregiver famigliari”

    "Parlare di un “dopo di noi” significa ammettere che finché i genitori sono in vita, il disabile è un problema loro; solo “dopo” diventa un problema dello Stato, che allora cerca un modo per farci un business"
    Simona Bellini, presidente Coordinamento famiglie disabili gravi e gravissimi


    Roberto è un nostro lettore genovese e da un po' ci sta tenendo informati sulla sua battaglia contro la burocrazia. Il padre infatti è da tempo malato e rifiuta il ricovero in una struttura ospedaliera o simile: la sua volontà è di restare nella sua casa, accudito dal figlio. Una situazione che vivono molte persone e che - ahinoi- potrebbe colpire chiunque in qualsisi momento. Meglio farsi trovare preparati.

    Chi sono i "donatori di cure"
    I caregiver familiari (letteralmente "donatori di cure") sono coloro che decidono di assistere un proprio parente ammalato o disabile, direttamente tra le mura di casa. I malati - come è facile intuire - ne traggono un notevole beneficio psicologico, arrivando persino ad aumentare le prospettive di vita. Inoltre, le cure in casa farebbero risparmiare alle aziende sanitarie diverse migliaia di Euro al mese per ogni paziente perché sono i parenti a fornire quel servizio di cura quotidiana, altrimenti garantito a spese della collettività nelle strutture ospedaliere. Insomma, una soluzione ottimale per tutti. Ma l’Italia è un grande Ufficio Complicazioni Affari Semplici.

    Dove sta l'inghippo?
    Roberto per assistere il padre ha dovuto abbandonare il lavoro e vorrebbe poter essere assunto ufficialmente in qualità di “donatore di cure”. Impugnando due sentenze sta intraprendendo insieme ad altri nella sua stessa situazione, una vera e propria battaglia legale per veder riconosciuti i diritti suoi e di suo padre che vuole continuare ad essere assistito in casa: «In questo momento stiamo studiando le sentenze dei Tribunali di Ascoli del TAR Piemonte, che sono un importante passo verso il riconoscimento dei nostri diritti. La prima definisce che un famigliare deve avere il diritto di assistere un suo pari infermo e può essere assunto dal disabile stesso. La seconda invece afferma che l'assistenza al disabile non è assistenza sociale, bensì rientra nell'Art. 32 della Costituzione, come le cure farmaceutiche ed è un diritto esigibile come le cure sanitarie. E' quindi necessario garantire i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) anche tra le mura domestiche».

    L’Italia denunciata alla Commissione Europea: come noi solo la Bulgaria
    Leggendo la storia di Roberto sorgono spontanee delle domande, tanto banali quanto importanti. Soprattutto chi segue la vicenda stenta a capire il mancato riconoscimento giuridico dei caregiver, tanto che è stata da poco presentata una petizione con più di 5.000 firme al Parlamento Europeo per far luce sulla lacuna del nostro ordinamento. In tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea infatti, anche in quelli in cui è presente una situazione economica pesante, la figura del Caregiver familiare viene affiancata e sostenuta con leggi specifiche per permettergli di continuare a svolgere la sua importante funzione in condizioni umane accettabili e per lungo tempo, senza dover invece soccombere alla fatica, e a sostegno di quel Welfare che senza questo impegno crollerebbe inesorabilmente.

    All’ASL fanno orecchie da mercante
    Roberto ha inoltre richiesto, senza fortuna per il momento, l'ottenimento di un contributo a favore del suo impegno di "badante" nei confronti del padre al Direttore generale Asl 3 genovese, all'Assessore Politiche socio sanitarie, Terzo Settore, all' Assessore Politiche Socio sanitarie e della casa, al Sindaco Metropolitano di Genova, alla Direzione Provinciale INPS di Genova e alla Direzione centrale INPS Roma. Per il momento questo aiuto dello Stato manca, ma c'è il sostegno di migliaia di persone che stanno facendo fronte comune per veder accettati i propri diritti. Ora hanno anche il sostegno di Corfole.

    Tratto da CORFOLE! del 11/2015, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata


     


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