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edizione cartacea, sport
di Andrea Raffetto | 03 Novembre 2015 | in categoria/e edizione cartacea sport
MATILDE “gioco a calcio contro i luoghi comuni”. La giovane cicagnina da luglio milita in Serie A e si è già fatta notare in Nazionale
“Ho dei gusti semplicissimi: mi accontento sempre del meglio”: si presenta così Matilde Malatesta, classe 1995, cicagnina doc e volata in quel di Torino per giocare in Serie A e nella Nazionale femminile. A quattro anni il primo calcio ad un pallone e da allora è stato amore: prima squadra la Calvarese (ovviamente con i maschi), per poi passare alla Levante, diventata Entella. Quando la società chiuse, si è spostata nell’Alessandria e a seguire Molassana e Lagaccio. Da luglio gioca in serie A nel Luserna a Torino, ma la persona che porta nel cuore è il presidente di allora, Andrea Mei: “Nonostante la testa calda che ero non ha mai smesso di credere in me, non mi ha mai tarpato le ali, anzi posso dire che è stato il vento che mi ha fatto prendere il volo”.
Ora giochi in serie A, che obiettivi hai?
Tengo i piedi per terra e voglio solo fare bene in questa stagione. Non ho un obiettivo preciso, senza dubbio restare in serie A e segnare!
Questo ti ha costretta al trasferimento a Torino: cosa ne pensa la tua famiglia?
Appena ho saputo del trasferimento ero pronta, ero certa che sarebbe stata un’esperienza di crescita sia calcistica sia umana. La mia famiglia ne è felice, mi sta vicina e mi supporta: vuole il meglio per me, ma ovviamente vuole che il mio sia un percorso di sport e studio. Su questo fortunatamente viaggiamo sulla stessa linea d’onda: inizierò a breve l’università e spero di continuare il mio percorso da allenatrice.
Sei stata anche nella Nazionale under 17
È stata semplicemente l’esperienza più bella della mia vita. Ho partecipato all’europeo in Macedonia segnando il primo goal (n.d.r. partita finita con un 6-0 per l’talia). Non credo nella felicità istantanea, ma in quel momento sentivo di poter toccare il cielo con un dito; è davvero difficile spiegare l’emozione provata! Vivere l’inno quando si è in campo pronte a rappresentare l’Italia intera è una responsabilità bellissima.
“Non si può parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche”. Qual è stata la tua reazione a questa frase di Felice Belloli, presidente della Lega Nazionale Dilettanti?
Amarezza. Qui le donne nel calcio sono considerate sempre e comunque dilettanti mentre uomini che manco sanno palleggiare sono professionisti. Ci vorrebbe solo un po’ di obiettività. Siamo un paese all’età della pietra in confronto a Stati come Germania, USA e Spagna. Comunque la sua frase, per irrispettosa che sia, ha fatto scatenare il boom che sta vivendo il calcio femminile adesso, e l’obbligo delle squadre professioniste di avere un under 12 femminile e spero che questa novità cresca e faccia appassionare e avvicinare molta gente.
Come detto prima il “femminile” che sia calcio, tennis, nuoto o ping pong non esiste o comunque per la mentalità italiana viene considerato dilettantistico. Lo sponsor giustamente ragiona in base al suo business. Essere lo sponsor di una società “che conta” significa molto per la pubblicità di un’azienda. La visibilità viene triplicata rispetto ad una squadra di A o B femminile, non abbiamo tutte queste attenzioni purtroppo. La mia squadra attuale ha fortunatamente ottenuto l’aiuto e la fiducia di una grande sponsor come la San Bernardo, quindi qualcuno che crede nella nostra realtà c’è.
Domanda di rito: chi è il tuo idolo?
Claudio Marchisio, numero otto della Juventus. Innanzitutto è centrocampista come me e mi ispiro a lui, perché è molto completo come giocatore. Ha costanza, un bel gioco, tiro da fuori, inserimento ed una buona tecnica.
Tratto da CORFOLE! del 11/2015, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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