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attualita, edizione cartacea
di Simone Parma | 31 Marzo 2014 | in categoria/e attualita edizione cartacea
Acqua: solo 9 Sindaci su 37 abbandoneranno il servizio privato per dare un miglior servizio ai loro cittadini: e gli altri?
Che l'acqua sia un bene pubblico ("comune" per gli economisti) non è mai stato messo in discussione. Le teorie degli economisti sulla gestione di tale bene tuttavia sono sempre state favorevoli ad una logica di mercato, un monopolio regolamentato con una concorrenza interna, ma si sono sin da subito contrapposte a quelle dei Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua che sono invece a favore di una ripubblicizzazione della risorsa idrica.
Il voto dei cittadini non è stato applicato
L'esito referendario del 2011 avrebbe dovuto mettere la parola fine a questo dibattito, a prescindere dalle premesse di tipo ideologico ed economico. Che la gestione pubblica abbia in precedenza fallito è pacifico, tuttavia il tentativo di privatizzazione non ha portato gli effetti desiderati. Troppo pochi gli investimenti e gli interventi a miglioramento del sistema. Nel tempo però la struttura fatta di S.p.A., multinazionali e società partecipate si è consolidata a tal punto da resistere al voto espresso dai cittadini. Sino al 2013 tutti gli utenti hanno così continuato a remunerare il capitale investito, anche sotto mentite spoglie (come nel caso della tariffa transitoria del 2013) ed il legislatore non è intervenuto per attuare il voto dei cittadini.
La Legge regionale della Liguria
Questo vuoto è stato parzialmente colmato dalla Legge Regionale n.1 del 24 febbraio 2014, fortemente voluta e proposta da Ezio Chiesa (come sottolineato nello scorso numero). Tale Legge permette ai comuni delle ex comunità montane del territorio ligure di prendere in gestione il Servizio Idrico Integrato, previa delibera comunale e relazione sulla sostenibilità dell'operazione da parte di un geologo, entro il 24 Giugno, sia in "solitaria" che organizzati in consorzi.
L’incontro tra Comuni del 24 Marzo
I Comuni chge torneranno a gestire il servizio
I comuni interessati a muoversi in tal senso si sono incontrati per discutere il da farsi. Erano presenti 9 comuni della provincia di Genova, tra cui Mezzanego, Borzonasca, Rezzoaglio e Santa Stefano D'Aveto, Fontanigorda (che prenderanno una decisione prima del 10 Aprile, evitando così sovrapposizioni con le elezioni amministrative) oltre a Castiglione Chiavarese, Cicagna, San Colombano Certenoli e Propata. Tuttavia la cautela è d'obbligo per tutti i partecipanti, i quali non si sbilanciano ancora sulla decisione finale. E gli altri?
I possibili fruitori della legge regionale erano ben 37 comuni della provincia, di cui solo 9 hanno partecipato alla riunione.
Mancavano all’appello Avegno, Uscio, Coreglia Ligure, Favale di Malvaro, Leivi, Lorsica, Lumarzo, Moconesi, Neirone, Orero, Tribogna, Rondanina, Moneglia, Ne, Bargagli, Crocefieschi, Fascia, Gorreto, Isola del Cantone, Mele, Montebruno, Rossiglione, Rovegno, Tiglieto, Torriglia, Valbrevenna e Vobbia.
Tariffe: è conveniente tornare ad una gestione diretta?
A questa, legittima, domanda risponde lo stesso Chiesa: «I cittadini dell'entroterra si vedono costretti a pagare le stesse tariffe degli utenti di Genova, senza però contare i disservizi che devono subire causa l'installazione di contatori troppo distanti dalle abitazioni e della scarsa manutenzione». Tant'è vero che diversi utenti dei comuni delle vallate si sono trovati addebitati importi da capogiro (alcuni quasi 2000 euro) perché le perdite fra il contatore e gli utenti, come stabiliscono i contratti, sono a carico di questi ultimi, con un rimborso parziale nel caso il cittadino attesti l'avvenuta riparazione del guasto a proprio spese. Una gestione a livello locale, come già sottolineato, potrebbe riportare un controllo maggiore sull'efficienza del sistema.
Cosa cambierà nei comuni che riprenderanno in mano la gestione del servizio?
Il primo passo sarà stilare un piano d'ambito, con i conseguenti finanziamenti ed investimenti distribuiti omogeneamente fra comuni, consorzi e società private, mentre successivamente verrà concordata con l'autorità competente la composizione della tariffa, che subirà comunque un fase transitoria per poi andarsi ad assestare. Nell'obbiettivo dei promotori c'è il taglio del 10% della tariffa attuale nell'arco di 10 anni.
Nel resto del suolo nazionale invece cosa sta succedendo?
La Regione Lazio ha approvato il 17 Marzo, sulla scia della decisione presa in Liguria, una Legge in favore della gestione pubblica della risorsa, mentre è stato presentato un disegno di Legge alla Camera, ora al vaglio della Commissione Ambiente, firmato da un centinaio di deputati, nell'intenzione del quale c'è la legittimazione a livello nazionale della ripubblicizzazione dell'acqua.
Come si è giunti a tre anni dal Referendum senza avere ancora una soluzione soddisfacente?
La risposta potrebbe ricercarsi nelle incongruenze di alcune scelte politiche, oppure nella composizione delle società che gestiscono il servizio (in Idrotigullio S.p.A. sono ad esempio azionisti di minoranza i comuni di Favale di Malvaro, Orero e Leivi). Si potrebbe proprio dire che l'acqua sia ancora troppo torbida all'interno di questa vicenda, a fronte di una così limpida (giusta o sbagliata che sia, sotto il profilo economico) volontà popolare, ma 37 Comuni della nostra provincia hanno adesso la possibilità di farsi carico del miglioramento del servizio e della revisione della tariffa. Ai loro Consigli Comunali la scelta, a tre anni di distanza da quella che presero i cittadini nel Giugno 2011.
Tratto da CORFOLE! del 3/2014, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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