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edizione cartacea, letture
di Claudia Sanguineti | 10 Dicembre 2013 | in categoria/e edizione cartacea letture
La storia fatta dalle persone comuni: Florinda Donelli dedica il libro “In attesa di Rosa Stella” a sua mamma Ebe e a tutti coloro che hanno patito freddo, fame e malattie per riconquistare la libertà
Le sue puntate nel programma “Gocce di… cultura” su Entella tv ci hanno fatto compagnia per diverse serate e su queste pagine l’avevamo lasciata alle panchine del lungo Entella di Lavagna, alle quali aveva dedicato un libro. Ora Florinda Donelli - che è stata insegnante per oltre 35 anni in diversi istituti di scuole superiori e oggi fa la spola tra Lavagna e Parma - è tornata con un piccolo volume, “In attesa di Rosa Stella”, dedicato alla sua mamma, Ebe Maioli, che ha compiuto la bellezza di 96 anni. Una storia che però non rimane solo personale, ma che è un omaggio “a tutte le donne, mondine, massaie e operaie e contadine, a tutti gli uomini pieni di slanci patriottici, e in particolare ai loro nipoti che ora godono di tante libertà, affinchè ricordino ‘quanto sa di sale lo pane altrui’ e operino per il bene della comunità in cui vivono, continuando quel sodalizio tra vecchie e nuove generazioni”. Nel libricino si trova tutto questo, nelle vicende che vengono narrate da una nonna a una nipote in attesa della sua bambina e del marito precario, partito per lavoro all'estero. “Campegine, paese natio di mia mamma, ha voluto pubblicare questo libro affinché rimanga a memoria di tutti”.
Il fucile del nazista puntato alla schiena, il cibo donato e quei giorni in ospedale che sembravano.. una vacanza
Quella della signora Ebe è storia con la "s" minuscola che insieme a quelle di uomini e donne del suo tempo va a formare la grande "S" della Storia d'Italia, di un periodo in cui tra la guerra con le sue atrocità, la miseria da fame nera, la paura da vendere, la fatica infinita e il freddo indescrivibile è stata fatta di nuovo l'Italia con un secondo Risorgimento, per una parola oggi quasi dimenticata: libertà. “Spesso e volentieri, quando siamo sul lungo Entella di Lavagna, mia mamma si mette a parlare con altri anziani, parlando del suo essere ‘partigian’: partono allora sull’onda del ricordo e si capiscono tra di loro, perché hanno vissuto un’epoca comune che unisce territori”. Diversi gli episodi vissuti da Ebe: “Una volta diede da mangiare sia ai partigiani che ai tedeschi, perché per lei gli uomini in guerra avevano pari dignità – racconta Florinda. Un gesto che, dopo, le salvò la vita: il giorno della Liberazione, il 25 aprile, andò in piazza a Campegine per gridare alla gente che la guerra era finita, e si ritrovò faccia a faccia con un soldato tedesco armato di fucile, che le intimò di scendere dalla bici, appoggiarla e camminargli davanti con le mani alzate: “La canna del fucile appoggiata era tra le scapole… rimase calma e lentamente si avviò per una strada laterale finchè di rese conto di non sentire più nulla dietro di sé. Il soldato sparò in aria, e corse via, incontrando due giovani ignari dei rastrellamenti tedeschi, e salvò loro dalla cattura”.
Tempi duri, anche per il cibo e per la salute: “Quando era una mondina, passò tante ore a schiena piegata: molte di quelle giovani donne con il trascorrere degli anni ebbero conseguenze disastrose: artriti, reumatismi, malattie dell’apparato respiratorio. Ancora oggi la sue mani portano i segni di quelle ragadi provocate da estirpare le male erbe. Le tribolazioni erano notevoli e due scodelle di riso al giorno erano sempre e solo due scodelle; lo stomaco spesso gorgogliava e c’era chi nel mezzo della notte gridava ‘Ho fame!’.” E così ogni stagione Ebe si portava da casa sei uova e un pezzetto di formaggio come piccola dispensa, ma era una persona generosa: “una volta andò in soccorso di una compagna affamata, offrendole il suo riso e ciò che si era portata da casa. E così a debilitarsi fu lei, venne ricoverata ma non si disperò. Era felice di averlo fatto e, ricordandosene, me ne parlò come fosse stato un soggiorno in un hotel, in un vero letto, senza il pensiero di alzarsi alle cinque del mattino e immergersi nell’acqua fredda della quadra. In ospedale poi c’era un bagno: un bagno! Mentre me lo raccontava, i suoi occhi si illuminavano e io pensavo come avrei potuto reagire senza quella stanza, senza la carta igienica, senza l’acqua che sgorga a fiotti dai rubinetti. Mi fece capire quanto fosse importante non sprecare un bene così grande e prezioso”.
Il lbro è disponibile gratuitamente chiamando il Comune di Campegine
Tratto da CORFOLE! del 12/2013, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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