edizione cartacea, storia locale

di Vittorio Rosasco | 03 Ottobre 2012 | in categoria/e edizione cartacea storia locale

E dopo quelle di maestro 007, mi sono ritrovato nelle vesti di agente 00...0 in italiano: di come divenni il lettore e lo scrittore delle lettere d'amore dei commilitoni

Segue dal numero precedente

Sul numero 105 del 2009 ho raccontato il periodo molto impegnativo e carico di responsabilità in occasione del Patto Atlantico che mi impegnò come... “informatore”. Per il resto i giorni trascorrevano regolari e monotoni. Avevamo fraternizzato con sentimenti di amicizia vera e profonda con “gli anziani” del terzo scaglione ’26 e fu tremendamente doloroso vederli andare in congedo uno per uno: sembrava che qualcosa si spezzasse dentro di noi.
Quando salutammo l’ultimo, la tristezza si trasformò in prostrazione e per la prima volta feci una cosa per me poco decorosa: mi ubriacai. Chi mi spinse fu il mio amico e aiutante di fureria Spinoni che del buon bere era un campione. Ricordo che eravamo talmente fusi che stentavamo a stare in piedi. Ciò nonostante avemmo l’ardire di andare in libera uscita e, buon per noi che non venimmo beccati dalla ronda. Quella sera stavo talmente male che giurai di non farlo mai più.
Il periodo militare, undici mesi, è stato una parentesi abbastanza spensierata della mia vita  che mi è servita a forgiare il carattere e nello stesso tempo a svegliarmi dal torpore di una vita chiusa, poco adusa alla socializzazione e al contatto con la gente.
In questo periodo ho avuto modo di rendermi utile con i commilitoni meno fortunati che si sono affidati alla mia delicatezza e alla mia discrezione. Iniziò casualmente ma sono quasi certo che fosse studiata da tempo. Un giorno vidi un compagno, un tipo timidissimo, che raggiante mi fece vedere una lettera appena ricevuta: “E’ della mia ragazza” disse timidamente ”ma io so leggere…poco…mi potresti aiutare?”
Un po’ stupito ma senza dimostrarlo gli risposi ” Ma certo, figurati!”. Ci sedemmo su di una panchina al bordo dell’ampio cortile.

Era una scrittura abbastanza incerta con qualche errore, ma pulita. Quando riposi la lettera nella busta e gliela porsi notai che aveva le guance rosse, evidentemente felice. Mi ringraziò e mi porse due sigarette.
 Rifiutai deciso e gli dissi: “Sono sempre disponibile anche a scriverti le lettere di risposta ad un patto: voglio da te solo amicizia”.
In breve si sparse la voce e non furono pochi quelli che ricorsero a me sia per leggere che per scrivere alle mamme, alle fidanzate, alle sorelle…Erano giovani ragazzi, tutti del mezzogiorno, che per vari motivi non avevano potuto frequentare le scuole. Si aprivano a me come a un confessore, venivo a conoscenza di fatti felici e di drammi che non avrebbero confidato ad alcuno. Ero orgogliosamente felice di rendermi utile e di ritrovarmi amico e confidente.


Continua nel prossimo numero

Tratto da CORFOLE! del 10/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata

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