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cultura, edizione cartacea, itinerari, storia locale, uscire
di Silvia Franchi | 11 Settembre 2012 | in categoria/e cultura edizione cartacea itinerari storia locale uscire
Castelli, torri, dimore e ponti levatoi: una passeggiata tra quel che resta dei tempi di pirati, dame e cavalieri
Costruiti come difesa da pirati e invasori, come impressionanti e sicure case nobiliari o come simboli di pace: a distanza di secoli queste pietre hanno ancora tanto da raccontare
La guerra tra Rapallo e Santa inizia qui
Con la sua massiccia e inconfondibile sagoma che domina la baia, il Castello sul Mare è il simbolo indiscusso della città. Oggi è una prestigiosa sede espositiva ma lo scopo per cui fu eretto è ben distante dall'attuale vocazione ed è riconducibile a un nome: Dragut, che nel Tigullio è ancora sinonimo di terrore. Era l'alba del 4 luglio 1549 quando ventidue navi turche comparvero all'orizzonte del golfo di Rapallo. Pirati, capitanati da Alì Thurgud, individuo senza scrupoli assetato di ricchezze noto appunto come Dragut e che non aveva certo l'aspetto scanzonato di Jack Sparrow, alias Johnny Depp, sugli schermi cinematografici mentre scorrazza per il Mar dei Caraibi a bordo della Perla Nera. L'equipaggio piratesco sbarcò nelle zone delle Saline, della Marina delle Barche e delle Nagge mettendo “a sacco” il borgo. Alcuni rapallesi, nel tentativo di difendere casa e famiglie, ci rimisero la vita. Altri riuscirono a fuggire sulle colline. Chi sopravvisse, inviò al Senato della Repubblica di Genova la richiesta di veder realizzato un forte a protezione della spiaggia. La richiesta fu accolta. Era il 1550, e il calendario segnava due eventi: il via alla procedura che portò all'edificazione del Castello, e l'insorgere dell'ormai proverbiale “campanilismo” tra Rapallo e la vicina Santa Margherita, che allora faceva parte della podesteria rapallese. Già, perché la Repubblica della Superba chiese che parte dell'opera fosse finanziata dagli abitanti dei vari quartieri, compresi quelli che sorgevano in territorio di “Santa”.
I sammargheritesi, allora, insorsero: «Perché mai dovremmo pagare anche noi una costruzione che proteggerà solo Rapallo?». Insistettero talmente tanto – non senza “sfottò” ai cugini rapallesi, che avevano subito il “sacco” - che alla fine la spuntarono. E anche Santa Margherita ebbe il suo castello, che ancora oggi si può ammirare all'ingresso del quartiere di Corte.
la Torre di San Michele di Pagana
Se il Castello sul mare rimane la più nota, non tutti sanno che Rapallo conta diverse fortezze (o castelli oggi ad uso residenziale) che svettano lungo la costa o tra il verde delle colline. Tanto per restare in tema di forti eretti a difesa del territorio, ecco la Torre di San Michele di Pagana: inserita nel perimetro del cimitero della frazione rapallese, a picco sulla scogliera, aveva lo scopo di proteggere le tre baie di Trelo, Prelo e Pomaro. Realizzata nel 1563, dopo aver assolto per molti anni alla sua funzione di difesa sprofondò nel degrado. Fino all'intervento del Fai, che in anni recenti ha provveduto agli interventi di recupero.
Il castello di punta Pagana
Dalla parte opposta della baia di Prelo, non passa invece inosservato agli occhi dei bagnanti – e di chi, più fortunato, si concede la tintarella sul prendisole della propria barca – fa capolino il castello di punta Pagana, con la sua forma quadrangolare e circondato da un fossato superabile grazie al ponte levatorio che riporta a un'affascinante epoca passata fatta di impavidi cavalieri e dame in lunghi abiti di broccato. Una piccola roccaforte incastonata nel parco sovrastato da un altro castello/villa, imponente ed elegante: quello che appartiene al Sovrano Militare dell'Ordine di Malta.
Il castello dei Morello
Spostando lo sguardo più a monte, sul crinale che contorna la baia sanmichelina, svetta un'altra torre. Sulla facciata, una lapide riporta una data – il 1590 – e due lettere: G e M. Le iniziali di Gregorio Morello, a cui si deve la costruzione della torretta e della sottostante casa colonica. Lì, il 22 giugno 1610, il nipote Nicolò e la moglie Lavinia diedero alla luce una bambina che nel 1998 è stata canonizzata da Giovanni Paolo II: è Brigida Morello, che nel 1649 fondò l'Ordine delle Suore Orsoline e che ancora oggi Rapallo ricorda con una strada a lei dedicata, quella che conduce alla chiesa di San Michele di Pagana.
Torre Baratta
La visuale passa oltre. Si stende ancora più a monte, sul semicerchio di colline alle spalle di Rapallo. Al di sopra del popoloso quartiere di Sant'Anna, a margine della strada di cornice, svettano i merli di un altro edificio dal sapore d'altri tempi: nota come “Torre Baratta” la costruzione un tempo appartenente alla famiglia Molfino era in origine indicata come il “Castello della Banca”. Secondo quanto riportato dagli storici, la torre era sede dei Consoli di Rapallo, anche se altre cronache la riconducono alla pieve di Santo Stefano.
La torre civica: simbolo di pace
E proprio accanto alla Pieve – oggi nota come l'Oratorio dei Neri si innalza quello che, assieme al Castello sul mare, è un altro dei simboli della città: la Torre Civica, nel cuore del centro storico. È una fredda giornata di gennaio del 1473 – la vigilia dell'Epifania - quando un gruppo di rappresentanti delle più importanti famiglie del territorio (che fino a quel momento erano divise da forti rivalità a volte lavate nel sangue) si riuniscono attorno a un tavolo e votano favorevolmente la proposta di realizzare un edificio che fosse simbolo di unione e di pace. Muri da cui ancora oggi traspirano ricordi, memoria, tradizione, leggenda.
...e il castello che non c’è più
Ma anche costruzioni che rimangono vive solo nei documenti storici. Come quelle del “Castello Rapallino”: fortilizio che, stando alle cronache dell'epoca, sarebbe stato edificato nel XII secolo sul colle soprastante Sant'Ambrogio, che in seguito prese il nome di Monte Castello per prevenire incursioni sul versante dell'entroterra. Venendo meno la sua funzione e correndo il rischio di diventare ricettacolo di ribelli ed eversivi, fu abbattuto nel 1477 per ordine di Obbietto Fieschi, e raso al suolo. Il suo ricordo andò sbiadendosi, fino a quando, nel 1996, un gruppo di studenti di architettura dell'Università di Genova non effettuò un'accurata campagna di scavi, che riportarono alla luce la pianta del castello e anche reperti della vita che vi si conduceva all'interno. Come si suol dire, “le pietre parlano”...
Tratto da CORFOLE! del 9/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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