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cultura, edizione cartacea, storia locale
di Vittorio Rosasco | 03 Settembre 2012 | in categoria/e cultura edizione cartacea storia locale
RANGHINELLI - Di come per golosità si fece una burla che si trasformò in dramma che sfociò in uno sciopero per concludersi con un riscatto: tutto per una bottiglia di cognac
Merita anche di essere raccontata la mia unica disavventura di tutto il periodo militare. Quando nel Reggimento c’era una compagnia che partecipava ad esercitazioni anche le altre avevano diritto alla distribuzione di cognac. Come succedeva abbastanza di frequente per mancanza di… spiccioli, anche se avevo il tesserino permanente che mi permetteva di uscire a qualsiasi ora, ero andato dal Cappellano militare dove con altri amici si chiacchierava, si leggeva, si giocava a carte, si passava piacevolmente la serata. L’attendente dava anche libri in prestito. Quella sera mi chiese se avevo finito di leggere un libro che gli era stato richiesto ed io prontamente: “ Sì, lo vado a prendere”. “Non c’è urgenza” replicò, ma mi avviai. Arrivato in fureria, anche se mi ero ripromesso di non rispondere al telefono fuori dell’orario d’ufficio, quella sera alzai la cornetta. Era il cuciniere che mi pregava di avvisare il caporale di giornata di andare a ritirare il cognac dovuto per una esercitazione: “Se lo vedo” risposi sbrigativamente. Sceso in cortile ecco il caporale di giornata Viva, un amicone al quale diedi la comunicazione. Per il contrappello tutti in camerata e incontro ancora Viva che mi sembrava un po’ stranito ma essendo un burlone non ci feci caso più di tanto.
“Il cognac lo mettiamo nel caffè “ disse. “No” replicai, “non piace a tutti” e andai in branda. Poco dopo, una baraonda: voci concitate, passi pesanti avanti e indietro ed ecco arrivare l’incorruttibile magazziniere sergente maggiore Flego che voleva conoscere l’iter del cognac che a mia insaputa era stato portato in fureria. Interpellato non potei che ribadire la mia estraneità ai fatti. Il bidone venne chiuso a chiave nel magazzino e il mattino seguente portato in cortile davanti al capitano, al tenente, al magazziniere e a tutta la compagnia schierata. Il capitano mi ordinò nonostante la mia resistenza di misurare con un litro di latta il cognac. Ormai al corrente delle libagioni di Viva, dell’amico caporale Torno e di Spinoni l’aiutante di fureria che aveva come me la chiave dell’ufficio, ingenui nel non pensare di aggiungere tanta acqua quanto il cognac bevuto e anche se non era onesto nessuno se ne sarebbe accorto. L’unica cosa che mi restava di fare nel tentativo di salvare quei simpatici amici marioli era quella di fare le misure scarse.
Ciò nonostante ne mancava un litro. Nel frattempo ecco apparire Viva che, proveniente dallo spaccio, con serafica flemma e una bottiglia in mano: “Non avevano cognac”, disse, “ho preso la prunella!” Era l’ammissione di colpa, ma il pignolo comandante volle fare la controprova facendo portare in cucina il cognac per essere misurato dal cuciniere. “Fai le misure scarse”, osai dire tra i denti. Stesso risultato: ne mancava un litro. Le conseguenze le pagarono tutti i protagonisti della bravata ma purtroppo anche io che non c’entravo assolutamente. Così mi vidi per la prima e unica volta nella lista di quelli in attesa di punizione che in realtà voleva dire che non si poteva andare il libera uscita. Raggiunta la fureria io, che avevo valide ragioni, e Spinoni che, pur avendo torto marcio accampava assurde elucubrazioni ’filosofiche’, udite, udite, decidemmo di fare…sciopero. Nella mia vita due cose non ho mai sopportato: l’ingiustizia e l’ingratitudine. Il Furiere era una persona amabilissima, comprensiva e paterna oltre che valida. Accortosi del nostro malessere visto il nostro atteggiamento volle conoscere tutti i particolari della vicenda, poi tagliò corto: “Ragazzi c’è da preparare la decade ( la paga di tutto il personale della Compagnia Comando Reggimentale). Mi prendo io la responsabilità, stasera andate in libera uscita”.
Avevamo sempre lavorato con entusiasmo ma quel giorno ancora di più e alla sera, lucidati per bene gli scarponi e divisa perfettamente in ordine non senza aver dato uno sguardo al quadro dove c’erano i nostri nomi, per una orgogliosa ripicca, scendemmo sulla via principale di Belluno dove solitamente capitano e tenente andavano a passeggio. Infatti l’avvistammo e andammo incontro. Per farci notare esibimmo un saluto militare con uno scatto insolito prontamente corrisposto. Non avevamo soldi in tasca così potevamo rientrare. Al mattino seguente nel cartello il nostro nome era stato cancellato e non ne seppi più nulla.
Continua nel prossimo numero
Tratto da CORFOLE! del 9/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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