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    attualita, edizione cartacea, il tappiro

    di Claudia Sanguineti | 01 Maggio 2011 | in categoria/e attualita edizione cartacea il tappiro

    Rischia il carcere per un minuto di protesta pacifica: Tappiro d'ardesia alla libertà di opinione

    Rischia il carcere per un minuto di protesta pacifica: Tappiro d'ardesia alla libertà di opinione

    Siamo liberi, nel 2011, di esprimere la nostra opinione? La domanda, almeno per noi, resta aperta. Continuerà ad ottobre la causa che vede coinvolto il coordinatore Legambiente Cantiere Verde Alessandro De Leo in un processo penale perché reo di aver aperto con altre persone ‘per poco più di un minuto’, pacificamente e senza nessun intralcio od offesa ai passanti, un cartello con scritto “Stop al cemento”. L’episodio risale al 24 febbraio 2010; luogo, Chiavari, piazza dell’Orto, protagonista di un possibile park sotterraneo. “Stop al cemento” è il nome di una campagna Legambiente che in Liguria ha fatto il giro di diverse città per sollecitare la cittadinanza sul consumo del suolo sempre più predominante. Se non possiamo né vogliamo ergerci a giudici della vicenda, il tutto fa comunque riflettere: anche perché, nelle altre cittadine coinvolte non è successo nulla del genere. Anzi, addirittura in posti come Sarzana o Lerici non sono state chieste o fatte pesare autorizzazioni per una tale breve dimostrazione.
    Perché invece a Chiavari si rischia addirittura il carcere? Alessandro è stato accusato di manifestazione non autorizzata, anche se l’avviso in Questura era stato dato via fax due giorni prima: “Per mesi Legambiente ha parlato ampiamente di questa campagna contro la cementificazione – spiega - e due giorni prima della dimostrazione abbiamo inviato un fax in Questura comunicando la cosa: ci è stato risposto che formalmente, secondo il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, si doveva inviarlo tre giorni prima. Poche ore prima del presidio ho ricevuto, mentre ero a lavoro, una telefonata, pare venisse dalla Questura, per dirci di non fare la manifestazione, ma era troppo tardi per avvisare gli altri, e comunque senza nulla di scritto abbiamo deciso di procedere ugualmente: poteva aver chiamato chiunque”. Non c’era niente di improvvisato o minatorio, dichiarano De Leo e compagni, per la pubblica sicurezza: tutto rientrava nella Campagna Stop al Cemento. “Avendo io firmato il comunicato, la colpa è ricaduta su di me. Nessun corteo ultrà, nessuno schiamazzo: lo striscione l’abbiamo aperto solo un minuto per i giornalisti, in maniera tale che ci facessero una foto. Nulla di più”.
    “Qualcuno –continua De Leo - non è ancora stato accertato chi, anche se voci sempre più insistenti dicono dal Comune, avrebbe poi chiamato e sollecitato la polizia perché venisse a controllare il nostro presidio. Ad ottobre verranno integrati i testi d’accusa per fare chiarezza sulla vicenda”.
    Non solo: Legambiente si è vista recapitare, pochi giorni dopo l’evento, una multa per occupazione di suolo pubblico “anche se non avevamo allestito nessun gazebo o tanto meno occupato un terreno. Incappare in 5 giorni di arresto che possono essere benevolmente trasformati in un’ammenda da 1.250 euro, ci sembra veramente eccessivo e sproporzionato rispetto agli altri eventi della stessa Campagna. Quale reato avremmo commesso? Cosa ci dev’essere contestato veramente? A Chiavari non è il primo episodio che limita la libertà d’opinione: un nostro esponente rischia da 1 a 5 anni per aver detto “vergogna” in un consiglio comunale all’interno di un clima nel quale tutti parlavano; in occasione di una biciclettata ci è stato minacciato che non avrebbero fatto le piste ciclabili se non rispettavamo le loro decisioni. E questi solo due esempi. Già togliere le Consulte ci ha tolto un’occasione di incontro e confronto tra le realtà sul territorio”. Che tra Comune e ambientalisti ci sia un’aria tirata, questa è roba vecchia. Ma che si faccia tanto “ascio” (ripetiamo, non spetta a noi individuare pene e responsabili) per un manifesto pacifico, questo ci lascia un po’ perplessi.

    La redazione lascia come sempre il diritto di replica a chiunque si senta tirato in causa.


     


    I commenti dei lettori
    Marco Delpino, giornalista-editore e ambientalista:

    La totale solidarietà ad Alessandro De Leo, nel nome dell'ambiente, ma soprattutto nel nome della LIBERTA'.
    Vai avanti senza indugi. Chi scrive, si trovò sotto processo (nel 1973) per "stampa clandestina". Vinsi tutte le battaglie, mi feci una mega-pubblicità (alla faccia degli anonimi vigliacchi che mi denunciarono), fui assolto con formula piena e sono l'UNICO (in Italia) che, "con una sentenza un po' originale" (direbbe De André) potrebbe pubblicare (anche senza autorizzazione del Tribunale) il periodico "Bacherontius" che, difatti, esce da 41 anni (anche se con tutti i crismi legali).
    Quindi, Di Leo, non preoccuparti: ti farai un sacco di pubblicità grazie a questa denuncia. E, oltre al "Tappiro d'ardesia", chissà che non riceverai qualche altro premio...


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