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cultura, edizione cartacea, letture, storia locale
04 Giugno 2012 | in categoria/e cultura edizione cartacea letture storia locale
IL LIBRO DEL MESE - “Il paese dove son nato”: da una canzone dei Nomadi il titolo del libro dedicato a Casarza
Grandi risaie, filari di pioppi
e all’orizzonte montagne maestose
non si può dire che sia il paradiso
ma è il paese dove sono nato.
La gente è chiusa e un poco scontrosa
ma quando ama sa amare davvero
ci sono senz’altro dei posti migliori
ma è il paese dove sono nato...
Sostituendo alle ‘grandi risaie’ le parole ‘campi di pesco’, questa canzone sembra fatta apposta per Casarza e per la sua gente: ecco perché il titolo dell’ultimo libro di Angelo Perrone si intitola “Il paese dove son nato” come la canzone degli anni ’70 dei Nomadi. Dimenticate i noiosissimi libri di storia e le loro pedisseque descrizioni di eventi in successione e aprite bene gli occhi: le 477 immagini che vedrete scorrere, pagina dopo pagina, vi guideranno alla scoperta non solo di Casarza e dei suoi abitanti, ma anche dei suoi segreti, delle sue abitudini e di quell’affetto e calore umano che da questo paese della Val Petronio è partito per raggiungere altre parti d’Italia e del mondo.
Quando ci si vestiva come i pionieri
Il viaggio inizia dalla metà dell’800 con le prime cartoline e foto della cittadina, per passare alla gente: “In questa sezione- spiega Perrone- ho raccolto tutte le immagini che raffigurano gruppi familiari casarzesi e mi sono stupito di quanto siano simili in tutto e per tutto ai pionieri del Far West, persino nell’abbigliamento con quei grandi cappelli”. Tra queste immagini, anche quella, datata 1863, di un neonato, nel quale un signore già anziano ha riconosciuto il padre. Il viaggio prosegue tra le ville storiche e la panoramica sulle varie frazioni, comprendendo anche Novano e Francolano, che nei tempi che furono non erano neppure dotate di una propria Chiesa.
La guerra e i sorrisi
La gente di Casarza torna ad essere protagonista con i capitoli sui conflitti mondiali visti dai casarzesi e con i casarzesi: ”Sono riuscito a mettere insieme le foto di tre fratelli - spiega Angelo- uno dei quali indossa la divisa canadese e che hanno partecipato alla Grande Guerra. Sono riuscito anche e a raccogliere le immagini dei partigiani, con relativi nomi di battaglia, che hanno partecipato alla Resistenza”. Una curiosa immagine dei primi anni ’40 richiama l’attenzione del lettore: datata 1942, rappresenta tre soldati in pantaloni corti, tutti sbrindellati e con il moschetto in mano; uno dei tre ha tre pernici attaccate alla cintura e sul retro uno dei tre ha scritto ”Digli ad Armando che qui in Africa si prendono delle ottime pernici anche con il moschetto, altro che il suo centrale (doppietta n.d.r.)”. Angelo sorride: “Anche in momenti storici difficili come quelli immortalati le persone avevano voglia di scherzare; chi riceveva le cartoline riceveva anche un po’ di affetto e di quel calore umano rimasto nella sua casa lontana”.
La fede e le tradizioni
Il viaggio prosegue attraverso le immagini che testimoniano la radicata religiosità dei casarzesi: processioni, chiese e una croce, recentemente recuperata anche grazie agli amici del Motoclub Stella Corse: “Si tratta di una croce in ferro situata sul confine parrocchiale con Bargone, dal quale si benedivano i campi come auspicio per avere un buon raccolto: le persone accompagnavano in processione il parroco fino a qui, dando vita al rito delle rogazioni. In occasione dell’ultimo Mula Trial è stata posta una targa con le parole che il parroco pronunciava alla benedizione dei campi: Dai fulmini e dalla tempesta, dalla peste, dalla fame e dalla guerra, Liberaci o Signore!”.
Lo sport e la vita sul fiume
Dopo le pagine dello sport, che Casarza ha sempre cullato con passione tra le sue colline, con il ciclismo, il motociclismo, il calcio, la caccia e il tiro al piattello, e quelle dei personaggi- tra cui il Battista, raffigurato sul murales posto ai piedi della strada che sale alla Chiesa - la memoria storica delle immagini si sofferma sul Petronio. Acque che hanno permesso il funzionamento di mulini e frantoi un tempo presenti lungo tutto il corso del torrente, sfamando moltissime famiglie, e allo stesso tempo acque che, con le loro piene, hanno distrutto e devastato.
Le famiglie storiche
”Purtroppo non tutte sono presenti nel libro: a quei tempi esistevano solo due studi fotografici- a Sestri e Chiavari- e pochi avevano la possibilità di farsi fotografare”. Anche qui l’aneddoto non manca: ”Una di queste immagini, peraltro antichissima, ritrae padre, madre e un bambino con la gonna (che all’epoca veniva fatta indossare anche ai bambini) in piedi su una sedia mentre con il piede schiaccia la mano alla sorellina. La signora che mi ha portato questa foto è quella bambina e ricordava molto bene il momento in cui era stata scattata perché sentiva il dolore ma non poteva muoversi visto che il fotografo continuava ad urlare “Fermi! Fermi!”.
QUANDO SI VENIVA PAGATI CON LE ‘TEGOLE’
L’immagine che più è rimasta nel cuore di Angelo è quella (in foto) che raffigura una ragazza che lavorava nelle miniere di Bargone, seduta su alcuni gradini di pietra, che il giorno della paga conta “le tegole”- così venivano chiamate, per le loro dimensioni, le mille lire. A chiudere il libro è una cartolina spedita da Verici a Forte dei Marmi datata “12 settembre 1942, Ventesimo anno fascista”, che reca il seguente messaggio “Sto tornando a casa e bordeggiando mi fermo qua e là bevendone un gotto”. E chissà quanti “gotti” si è fatto prima che la cartolina arrivasse a destinazione!
Tratto da CORFOLE! del 6/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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