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cultura
di Michela De Rosa | 03 Aprile 2012 | in categoria/e cultura
I fasti e i colori dell'oriente nell'antica arte dell'intreccio: una piccola bottega racchiude la grande storia di un Paese e di una bella famiglia
Passeggiando per Chiavari ci si imbatte all’improvviso in un negozio, NUR (via Rivarola 57 tel 0185.307649) dove ogni angolo è un tripudio di colori e arabeschi che subito evocano i fasti dell’oriente: i pavimenti, le pareti.. qui tutto è ricoperto da bellissimi tappeti ‘persiani’, detti così perché è appunto dall’Iran, l’antica Persia, che provengono i migliori. Di questo bellissimo -e problematico- Paese è originaria la titolare, Eshrat Nakhaei, una gentile e gioviale signora con cui è davvero un piacere conversare. La sua voce pacata mi porta lontano e mi fa scoprire tanti aspetti affascinanti di una cultura diversa dalla nostra.
Come e dove nasce quest’arte millenaria
Scopro che in Iran quella della tessitura dei tappeti è una tradizione talmente antica che in alcune regioni quasi ogni famiglia ha un telaio. Un’arte millenaria (vedi BOX), nata e perfezionatasi per questioni legate alle caratteristiche stesse del Paese: il caldo infatti ha da sempre portato le persone a dormire per terra, cercandone il refrigerio. Inoltre, la tipica assenza di umidità ne fa la situazione ideale per la conservazione di questo delicato e raffinato manufatto. Per capire ancora meglio quanto il tappeto sia fondamentale in questa cultura basti pensare che è il primo oggetto che si compra per la casa nuova e poi sulla base di questo si imposta l’arredo. E’ quindi il dono più prezioso e il più ambito, soprattutto per gli sposi. Da noi avviene il contrario, consideriamo il tappeto un complemento e pertanto lo acquistiamo per ultimo; e mi chiedo quanti estimatori ci siano e se è un oggetto capito fino in fondo. La risposta di Eshrat in fondo non mi sorprende, vista la nostra passione per il bello e per l’arte: “Gli italiani amano molto i tappeti persiani, specie quelli antichi, e vengono qui molto informati. Semmai il problema è soddisfare la richiesta, visto che sono sempre più rari”.
Come riconoscere i tappeti per provenienza e quelli davvero antichi dai flasi
Ma come riconoscerne uno antico originale? “Innanzitutto dalle imperfezioni. Il colore: i tappeti sono realizzati con lane colorate da tinte naturali (estratti di piante, fiori, minerali, etc.) e un tempo non c’era un sistema per misurare il colorante in maniera precisa. Quindi ogni colore non è mai uguale all’interno del tappeto: se ad esempio ci sono dei fiori blu si noterà che alcuni di questi o parte di essi saranno più chiari e altri più scuri. L’altezza della lana: oggi si utilizzano delle forbici elettriche che permettono un taglio uniforme della lana, ma una volta si utilizzavano forbici comuni quindi è probabile che un tappeto antico abbia altezze diverse. L’usura: se è antico, deve essere stato molto utilizzato e quindi la lana risulterà consumata.” Guardandomi intorno vedo tanti colori nei tappeti che mi circondano e le chiedo se ci sono delle caratteristiche in questo senso: “Sì, e riguardano soprattutto il verde: i tappeti antichi non lo contengono, se non per foglie o elementi secondari, in quanto essendo il colore del turbante di Maometto è considerato sacro e non si può calpestare”. Si possono invece trovare tappeti moderni di questo colore, realizzati per l’estero.
Ogni città ha il suo specifico disegno
Un’altra cosa che imparo su questo ‘mondo annodato’ è che ogni tipo di tappeto prende il nome dalla città da cui proviene e per quanto riguarda l’Iran i più pregiati tra quelli antichi provengono (e quindi prendono il nome) dalle città di Sarugh, Sene, Ardebil, Heriz, mentre quelli nuovi da Isfehan, Tabriz, Nain e Qum. Si può perfino imparare a riconoscere da dove provengono perché ogni città ha un suo disegno unico e caratteristico: ad esempio se ha fantasie floreali significa che proviene da Isfehan, mentre se sono geometriche da Ardebil.
Qualche trucco per la conservazione
“Il nemico numero uno è l’umidità, quindi assicurarsi di stenderli in stanze asciutte; se per qualche motivo si devono riporre, mai tenerli dentro a nylon o plastica, ma avvolgerli in carta di giornale con l’aggiunta di antitarme e possibilmente cambiare il tutto al massimo ogni sei mesi.”
E se si rovina? Ecco cosa fare
Bene, adesso sappiamo come riconoscerli e conservarli e venire in questo negozio un po’ più consapevoli del lavoro che c’è dietro questo manufatto: ma se si rovina? Qui entrano in gioco le mani e l’esperienza di Eshrat come restauratrcie: “E’ un lavoro minuzioso e delicato. Facciamo arrivare la lana direttamente dall’Iran in modo da utilizzare gli stessi materiali. Come è comprensibile per i tappeti antichi è davvero difficile se non impossibile trovare gli stessi colori e allora intervengo con tecniche tradizionali di antichizzazione a base di foglie di the o di caffé”.
Dall’Iran dello Scià a Chiavari per amore
Ora so molto di più sui tappeti ma la mia curiosità non è sopita: mi chiedo sempre cosa spinge una persona o una famiglia a lasciare il proprio Paese, soprattutto quando ci sono diversità così importanti. Il suo racconto è sereno e parla di un ragazzo, il suo futuro marito, che voleva laurearsi in Farmacia ma in Iran ai tempi dello scià di Persia (metà anni ‘70) le università erano a numero chiuso e piuttosto proibitive quindi dovette andare all’estero e, consigliato da amici, la sua scelta
cadde sull’Italia e su Genova. Una volta laureato e fatta un po’ di pratica il progetto prevedeva di tornare in patria e aprire una Farmacia, ma la situazione politica che si andò delineando in quegli anni lo obbligò ad abbandonare quel sogno. Così Eshrat dovette intraprendere il lungo viaggio dalla città di Birjand nella regione di Khorasan, fino a Chiavari. Col tempo sono riusciti ad aprire questo negozio e mi viene spontaneo chiedermi se c’è mai stata della diffidenza: ‘I liguri sono famosi per la loro diffidenza, ma la verità è che siamo stati subito accolti benissimo, ci siamo integrati senza problemi e la gente ci ha portato i propri tappeti a restaurare fin da subito, fidandosi e dandoci del lavoro’. A questo proposito, un’ultima curiosità: la richiesta più strana o più bella che le hanno fatto? ‘Sicuramente la più bella è quando i bambini entrano a chiedermi se vendo il tappeto volante’.
Il tappeto più antico è stato rinvenuto in una lastra di ghiaccio in Siberia e risale al 400 a.c.
Il tappeto più vecchio conosciuto è stato ritrovato nel 1947 presso alcuni scavi in Siberia. Viene chiamato Pazyryk o Gorny-Altai e trae il suo nome dal luogo in cui è stato rinvenuto. Misura 183x200 cm e presenta una densità di nodi pari a circa 360.000 nodi per metro quadrato. L’esecuzione è eccellente e il tappeto è più spesso della maggior parte dei tappeti in commercio al giorno d’oggi. Il motivo è molto interessante, in quanto la parte centrale presenta un motivo a nastro, mentre a livello dei bordi si osserva da una parte una processione con cervi e dall’altra dei guerrieri a cavallo. Verosimilmente, il tappeto è stato annodato in Armenia o in Persia nel 400 a.C. Quando è stato rinvenuto, era stato a lungo congelato in un blocco di ghiaccio, motivo per cui è molto ben conservato. Il tappeto si trova al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo.
Michela De Rosa
Tratto da CORFOLE! del 4/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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