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    cultura

    di Florinda Donelli | 03 Aprile 2012 | in categoria/e cultura

    Carta: a Genova c'era la migliore, tanto che una legge vietò di esportare stracci, macchine e operai

    Carta: a Genova c'era la migliore, tanto che una legge vietò di esportare stracci, macchine e operai

    Per le feste, un tempo, avevamo l'abitudine di inviare gli auguri con tanti bigliettini colorati e per noi bambini era un gioco scegliere quello da spedire alla nonna lontana, ai nostri amichetti... Forse qualcuno vorrebbe sapere di chi fu l'idea. Fu di un certo John Calcott di Londra che nel 1843 stampò i primi bigliettini d'auguri. Ora usiamo Internet e il telefonino, eppure a Genova c’era una dei più fiorenti commerci di carta...

    Tutto ebbe inizio col papiro...
    L’era della carta iniziò con l’invenzione egizia e poi in Cina nel 105 d.C. con l’invenzione della carta da parte dell’eunuco imperiale Lun, il quale la trasse da un miscuglio pressato di ritagli di reti da pescatori, corteccia di albero, uniti al bambùvi darò breve cenno del suo percorso. Cinquecento anni dopo, per i Giapponesi divenne il materiale più pregiato, ma dal 750 d.C. con una guerra arabo-cinese, gli Arabi  fatti prigionieri, ne impararono la tecnica di produzione e la diffusero in Europa dove, intorno all’anno 1000, crearono, in Spagna, le prime cartiere. Da qui si diffusero presso i monasteri francesi per giungere a noi intorno al 1250.

    Quando la carta era industria fiorente e perfino gli stracci erano protetti da leggi!
    “Ex Melle mihi nomen” ovvero dal miele viene il mio nome: questa è la scritta posta sullo stemma del paese di Mele. Se l'origine del suo nome non è certa, di sicuro posso dirvi che questo paesino ha conosciuto un'epoca d'oro nella produzione cartiera e una rinomanza addirittura mondiale per la sua industria che poteva usufruire dell'acqua proveniente dai torrenti Leira, Gorsexio e Acquasanta, intorno ai quali sorsero mulini, ferriere e fabbriche per il papéro già intorno al 1406, quando un certo Damiano Grazioso da Fabriano si trasferì in queste terre, dando inizio all'arte dei Paperai. Da quel momento fu necessario emanare leggi affinché operai e macchinari restassero nel territorio della Repubblica di Genova per difendere il marchio d'origine. A queste leggi si unì il decreto che vietava per 5 anni l'esportazione degli stracci: pare sia nato così il detto “Tutti gli stracci finiscono a Voltri”, ovvero alla cartiera e chi non l'avesse rispettato sarebbe incorso in una grossa multa o peggio in prigione.
    Questi provvedimenti, però,non impedirono a molti, soprattutto nel Seicento, di emigrare non soltanto in altre città d'Italia, ma addirittura a Segovia in Spagna. Nonostante “le fughe”, tra il 1675 e il 1830 le fabbriche di carta divennero 100 su un territorio tra Pegli e Voltri. Gli alti guadagni ed una esportazione imponente avvennero con il trasporto via mare oltreoceano dopo i primi due decenni dell'Ottocento e la rinomanza mondiale della carta di Mele si dovette attribuire ad alcuni fattori: l'aria asciutta e salubre; acque che s'incontravano con altre acque solforose; uso di stracci di puro lino o pura canapa, fibre che non si tarlavano. Questa fu la carta preferita e richiesta in abbondanza dal Governo Inglese per i Registri di Stato. Nonostante nel 1900 si fabbricassero ”Carte fioretto superiore” fatta di filo legittimo di marca Cervo, l'industria cartiera cominciò a conoscere un vero e proprio declino, anche se Mele sembrava resistere con le sue 37 cartiere e rispondeva alle insinuazioni sulla sua prossima fine, asserendo che erano state ampliate e rimodernate con macchine a carbone.

    Come si passò dagli stracci al legno
    Come sempre il bisogno aguzza l’ingegno: mancando sul mercato gli stracci, un signore francese ebbe l’idea di usare la polpa di legno, un inglese pensò alla lavorazione, un tedesco inventò la macchina per creare fogli e un americano aggiunse nell'impasto i solfiti.  

    Carta: roba da museo
    Dal1985 ci rimangono memorie della loro storia nel Museo (tel. 010 638103) dove fanno ormai solo mostra di sé vecchi macchinari, attrezzi, la macina in pietra che riduceva in poltiglia gli stracci, pesi e timbri per misurarne la grammatura. Visitatelo per vedere, ma soprattutto per  acquisire maggiore responsabilità verso quei bianchi e lisci fogli che spesso non usiamo completamente o sprechiamo con superficialità.

    Florinda Donelli

    Tratto da CORFOLE! del 4/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata


     


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