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cultura
30 Gennaio 2012 | in categoria/e cultura
PILLOLE DI GUERRA - Le lettere dal fronte dei ragazzi di Sori, i rivoluzionari del Monte Fasce e altre vicende di nostra gente che ha contribuito alla storia
Il 18 Febbraio presentazione de I Quaderni di Storia locale dedicato ai 150 anni di Unità d’Italia
Sarà il prof. Stefano Monti Bragadin, del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Genova, a presentare il sesto volume dei Quaderni di Storia Locale che il Centro Studi “Storie di Jeri” presenta il 18 febbraio preso il Teatro Comunale di Sori. Il volume è dedicato al 150° Anniversario dell’Unità d’Italia ed ha ottenuto per tale motivo il logo ufficiale della Presidenza del Consiglio. I contributi raccontano di persone e luoghi del nostro territorio che, pur non essendone protagonisti, hanno in qualche modo contribuito al processo di unità nazionale, sia negli anni dell’indipendenza sia in tempi successivi. Tra i diversi capitoli ne segnalo alcuni.
Lettere dal fronte dai ragazzi di Sori, 1916-1918
Francesco Antola e Alessandro Siena presentano una raccolta di lettere pervenute a una famiglia di Ponte Capreno, nell’immediato entroterra di Sori, da nipoti e amici arruolati durante la Prima Guerra Mondiale. Inviate dalla “Zona di guerra” e sottoposte a censura militare preventiva, in queste lettere i ragazzi provenienti da una piccola frazione delle nostre colline, raccontano in forma semplice, magari sgrammaticata, di gente e luoghi ‘stranieri’: “… siamo arrivati qui in un paese vicino Lubiana che non si capisce parlare niente … mi credevo di non venire mai in questi paesi ma invece ci sono venuto”, scrive Emanuele; mentre Paolo scrive da Chiusaforte in Friuli: Io ti dico che se sapessi dove sono ti metteresti le mani alla testa, non c’è altro, neve, monti spelati dritti come alberi; ne danno pasta agra e la pagnotta colla muffa. Ed ancora: “..sono sei mesi che non abbiamo più visto borghesi e figlie, dunque ti puoi immaginare la fame che abbiamo…” Ma non in tutti c’è rabbia o disperazione, spesso li sentiamo ripetere: ma pazienza, se il destino sarà diverso ci vuole pazienza. Anzi c’è chi riesce a scrivere cercando l’aspetto spiritoso e ridicolo delle sue condizioni come Carlo che a proposito del corredo di vestiario che gli hanno consegnato racconta: “…tu ci vedessi che corredo ci hanno dato: giuba di panno vecchia, giuba di tela che ci sto tre volte, pantaloni di panno che sono di fustagno vecchi e corti, pantaloni di tela che ci sto due volte, due paia di mutande che pareva avessero fatto una battaglia, due paia di pesse da piedi..” e così via; e poco tempo dopo, siamo nel 1917, sa anche incoraggiare i destinatari della lettera scrivendo da Nervesa: “Carissimi, io sono qua che parto e dove vado io non so dove si anderà. Io sono sempre lo stesso io mi faccio coraggio perché di giorno in giorno aspetto la pace. Fatevi coraggio che presto verrà quel dì”.
1870 I rivoluzionari di Monte Fasce
Non meno interessante un altro contributo, pubblicato da Giorgio Casanova, che ricostruisce un episodio della primavera-estate 1870, quando ormai l’unità d’Italia stava definitivamente consolidandosi, riguardante una fallita insurrezione repubblicana da parte di una banda d’insorti che operò fra il Monte Fasce e l’entroterra genovese. Attraverso rigorose testimonianze, tratte da documenti dell’Archivio di Stato, l’autore narra di bande quasi comiche, accampate su Monte Moro, armate di vecchi revolver ma soprattutto di randelli, che avevano lo scopo di creare agitazione fra il popolo e stornare la forza pubblica delle grandi città sempre allo scopo della causa repubblicana. Furono poi arrestati e processati alla presenza di una folla di popolani irrequieti che parteggiavano per gli imputati. La sentenza di condanna, pur se a pochi mesi di reclusione, scatenò tumulti e formazione di barricate in città, sostenute anche da voci di una imminente venuta a Genova di Mazzini. Anche in questo caso la repressione fu pronta, gli eventi di settembre con la presa di Roma contribuirono a sbollire gli entusiasmi rivoluzionari e mazziniani. In realtà Mazzini il 28 ottobre passò da Genova, ma solo per un saluto agli amici alla stazione Principe; poi il treno ripartì, Mazzini se ne andava e con lui la speranza della tanto attesa rivoluzione repubblicana dovette attendere ancora settantasei anni, sino al 2 giugno 1946.
Pier Luigi Gardella
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Tratto da CORFOLE! del 1/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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