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attualita, edizione cartacea, il tappiro
di Chiara Staderoli | 30 Gennaio 2012 | in categoria/e attualita edizione cartacea il tappiro
Pubblicano l'identikit del maniaco per agevolarne la cattura e rischiano di finire in carcere: felicemente risolta la vicenda dei giornalisti de Il Secolo XIX
Questa volta a ricevere il Tappiro d’Ardesia, paladino di tutti coloro che subiscono un torto, sono due firme doc del giornalismo levantino: Roberto Pettinaroli e Simone Schiaffino (in foto), protagonisti di una vicenda giudiziaria durata oltre cinque anni e conclusasi solo pochi giorni fa. Voi tutti ricorderete il maniaco dell’ascensore che, tra il 2005 e il 2007, seminò il panico tra la popolazione femminile genovese. I due giornalisti de “Il Secolo XIX” seguirono l’evoluzione delle indagini, così come i colleghi del “Corriere mercantile”. “Entrammo in possesso dell’identikit del maniaco, redatto dalle Forze dell’ordine sulla base delle testimonianze delle vittime - spiegano- e decidemmo di pubblicarlo”.
Una scelta dettata dalla volontà di svolgere al meglio il proprio dovere: informare la cittadinanza, metterla in guardia e permettere di assicurare alla giustizia il molestatore. Ma la giustizia, si sa, qualche volta è un po’ miope e il fantasma della condanna ad un mese di arresto per violazione del segreto istruttorio si allunga sul direttore responsabile della testata di allora, Lanfranco Vaccari, sui responsabili della cronaca e sugli autori materiali del pezzo. A nulla vale ricordare agli inquirenti che la pubblicazione dell’identikit ha consentito l’individuazione del molestatore da parte di un poliziotto fuori servizio e il conseguente arresto. Pettinaroli, Schiaffino e gli altri giornalisti coinvolti non si arrendono e ricorrono contro il decreto ottenendo, nel 2009, una sentenza di assoluzione in primo grado che però non ha fermato il procuratore generale genovese il quale ha impugnato la sentenza. Finalmente, pochi giorni fa, il secondo e definitivo grado di giudizio da’ ragione ai cronisti del Secolo.
“Per noi è una grande soddisfazione- affermano i due levantini, attualmente in forza presso la redazione chiavarese del quotidiano- abbiamo avuto una grande attestazione di stima da tutti i colleghi a livello nazionale, tanto che ci è stato assegnato il Premio speciale dell’Unione Cronisti Italiani, uno dei massimi riconoscimenti nel settore, per avere reso un servizio alla comunità ed essere stati per questo massacrati dall’autorità giudiziaria”.
La motivazione del premio parla da sola: “Per aver adempiuto al diritto di cronaca anteponendo a valutazioni di prudenza e opportunismo il fondamentale dovere di informare i cittadini in un caso che ha destato particolare allarme sociale… In un momento in cui la libertà di stampa è costantemente sotto attacco ed il diritto/dovere di informare è in discussione, non può venire meno l’esigenza di riconoscere la necessaria autonomia ed indipendenza della professione giornalistica quando si tratta di riportare la verità dei fatti e sussiste il pubblico interesse a conoscerli”. Parole sacrosante e sempre attuali. In un periodo, poi, dove i tribunali sono intasati di cause senza fine, l’aver condotto un processo – alle intenzioni- conclusosi con l’arresto di un molestatore ricercato e con una doppia assoluzione appare un’assurdità senza giustificazione: “Nessun processo parte come sbagliato – affermano-; i giudici hanno fatto il loro lavoro, noi abbiamo fatto il nostro, convinti della nostra scelta di pubblicare un identikit che non era segreto ma era stato mostrato dal dirigente della Squadra Mobile ai giornalisti in conferenza stampa e alle ragazzine delle medie”. Ma come è possibile in un paese democratico punire un comportamento professionalmente e socialmente doveroso? Misteri della della giustizia italiana. Nonostante il felice epilogo resta l’attapiramento per i soldi e il tempo pubblici sprecati dall’autorità giudiziaria per una legge insulsa.
Tratto da CORFOLE! del 1/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
I commenti dei lettori
:
il maniaco e' stato avvistato a sezze romano in provincia di latina
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