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cultura, edizione cartacea, storia locale
di Vittorio ROsasco | 30 Gennaio 2012 | in categoria/e cultura edizione cartacea storia locale
RANGHINELLI - 1944: di quando a Gattorna nascondevamo le patate e ogni giorno rischiavamo il rastrellamento
Di questo periodo potrei scrivere un libro perché quella che doveva essere la guerra “lampo” fu invece una lunga, tormentata vicenda spesso crudele e tragica: sparatorie, bombardamenti, omicidi in un contesto di miseria e di fame. Ricorderò solo alcuni episodi che mi hanno colpito maggiormente e dei quali sono stato personale testimone. Quel pomeriggio d’autunno del 1944 mio padre, mia madre, mia sorella ed io ci recammo nel “Gricello” un podere accanto al cimitero dove avevamo ancora nella terra le patate. Certamente anomalo il tempo della raccolta ma era un espediente per salvaguardare un prodotto indispensabile per l’alimentazione. Era noto che le autorità annonarie, fasciste o tedesche che fossero, si impossessavano di tutti i prodotti alimentari che trovavano durante le perlustrazioni. Era giocoforza nascondere le misere scorte di farina, grano, granoturco, castagne, ma difficile nascondere le patate quindi si ricorreva al trucco di estrarle poche alla volta secondo necessità. Ad un certo punto vedemmo passare accucciati e con fare circospetto alcuni uomini armati che sfilavano tra i filari di vite con ancora le foglie ma prive di frutti. Uno di loro ci intimò: “Via, via!”.
Mio padre non ne volle sapere, noi, spaventatissimi, lasciammo tutto e in fretta scendemmo al fiume, l’attraversammo e arrivammo a casa mentre nell’aria risuonavano colpi d’arma da fuoco e raffiche di mitraglia. Ben presto si sparse la voce dell’accaduto. Alcuni partigiani, scesi dalle montagne, volevano dare una lezione ai tedeschi che avevano la residenza a Gattorna. I ponti sia quello sul Lavagna che quello sul Neirone erano minati e costantemente sorvegliati.
Quella inutile rappresaglia costò la vita ad un giovane che, ligio alle consegne, non s’arrese all’intimidazione. La nostra casa è situata a poche decine di metri dal ponte dove giaceva la vittima. Era risaputo che in questi casi per ogni vittima venivano rastrellati e fucilati dieci uomini e bruciate le case. Mio padre era anziano e di bassa statura, io a 17 anni ero proprio piccolino (confesso: avevo anche una piccola infantile ossessione!). Si sapeva che in alcuni casi erano stati fucilati anche dei bambini così si decise che sarei fuggito in montagna con il mio padrino e un’altra decina di uomini. Camminammo ore, di notte, mentre da Colle Caprile dove c’era una postazione di mortai, cannoneggiavano le alture. Raggiungemmo la Cassarina, una minuscola frazione del comune di Neirone, ospiti di una famiglia che ci accolse con grande cordialità, ci prepararono la cena e potemmo dormire, per terra ma al caldo.
Il giorno seguente un messaggero venne a portarci la buona notizia: i tedeschi avevano riconosciuto l’omicidio come azione di guerra senza il conseguente coinvolgimento della popolazione quindi niente rappresaglia e incendi delle case. Potevamo scendere a valle e rientrare a casa. Che liberazione!
Tratto da CORFOLE! del 1/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
I commenti dei lettori
anonimo:
Cdella 5a aro Vittorio Rosasco ho letto la Sua storia è molto interessante, io ho scritto di recente un libro intitolato PANNESI e USCIO Memoria della lotta Antifascista nata dalla Resistenza e dalla lotta Partigiana, dove si parla anche di fatti avvenuti a Gattorna nella Fontanabuona, Lumarzo, Pannesi, Uscio, Recco Camogli ecc. e in particolare della lotta fino alla resa dei Nazifascisti a Uscio e a Sant' Alberto di Bargagli, dove con i Partigiani c'era la 92^ Divisione Buffalo con il 442° - 473° Reggimenti a Gattorna credo che ci fosse il 437°. Mia mamma era una Bacigalupo di Piandeipreti e io sono nato a Colle Caprile. Conosco tanta gente di Gattorna e molti che venivano a scuola a Uscio con me. Passo sempre da Lubiano a prendere il concime, e il mangime per la galline e le sementi, e vado spesso anche dal Re dei BERODI, il Fatelli Basso e dal Padre macellai (Meriterebbero un premio dalla Provincia i Berodi buoni come loro non li fa nessuno) Mi farebbe piacere sentirci e conoscerci parlare dei suoi ricordi e magari anche dei miei. Forse ci siamo già visti io da ragazzo venivo a ballare dal "Moderno" e conoscevo molta gente del posto, Lei ha l'ettà di Tullio Malatesta di Monleone, Celeste, Sergio Basso ecc. io sono un po più giovane sono del 39. lascio il mio numero di Tel. 0102473813 e di Mail saluti. brunogaraventa@libero.it
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