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attualità
12 Dicembre 2011 | in categoria/e attualita
Dicembre 1944: a Portofino la strage dei ‘Martiri dell'Olivetta' da parte dei nazisti La storia del tragico episodio che da' il nome alla celebre ‘piazzzetta' del borgo
Molti la ricordano perché è uno degli scorci paesaggistici più noti al mondo, un'immagine da cartolina, con le tipiche casette in stile marinaro disposte a semicerchio, come ad abbracciare quel selciato di colore grigio che nel corso dei secoli è stato percorso da statisti, divi di Hollywood, gotha dell'industria e della politica italiana e internazionale. Meno nota, invece, è la vicenda storica che si nasconde dietro la celebre “piazzetta” di Portofino, intitolata ai “Martiri dell'Olivetta”. Un fatto che risale al lontano 1944. Allora, le sorti di intere popolazioni erano strette nel giogo del secondo conflitto mondiale. Anche l'incanto del Borgo viveva attimi di terrore e quel panorama da sogno, oggi conosciuto e ammirato da un estremo all'altro del globo, fu teatro di fatti tragici.
Era la notte tra il 2 e il 3 dicembre, dal carcere genovese di Marassi vennero prelevati 21 giovani partigiani e un detenuto comune: quest'ultimo, infatti, pensava che l'operazione segretamente avviata quella notte comportasse un semplice scambio di prigionieri e si intrufolò nel gruppo, forse intravedendo un barlume di speranza.
Mai avrebbe potuto immaginare l'esito di quella decisione. I 22 giovani vennero condotti a Portofino. Lì, dove la cupa distesa delle acque lambiva la baia silenziosa, i soldati tedeschi guidati da Ernst Reimers, comandante della marina tedesca che si era insediato a Castello Brown (lo splendido edificio arroccato nel verde del promontorio), coadiuvati dai soldati fascisti che rispondevano agli ordini di Siegfried Engel, legarono i prigionieri con fil di ferro e reti da pesca, che si erano fatti fornire dagli abitanti del Borgo. Li caricarono su un barcone. Li sospinsero alla volta della spiaggia dell'Olivetta, al di sotto del castello. Imbracciarono i fucili. E fecero fuoco.
I corpi vennero poi gettati in mare con una zavorra di pietre. I testimoni raccontarono di aver visto l'imbarcazione ritornare a riva macchiata di sangue. Nel maggio 1945 la Commissione per le epurazioni – che aveva sede a Santa Margherita - avviò le ricerche di Reimers, che risultava essere prigioniero degli Alleati a Livorno. Ma non ne ottennero la consegna e del comandante tedesco si persero le tracce. La tragedia restò quindi avvolta in un contesto nebuloso fino a 50 anni dopo, quando il Tribunale militare di Torino nel 1996 riavviò i procedimenti per l'individuazione dei responsabili di alcune stragi. Qui, tra i numerosi plichi, vennero rinvenuti anche i fatti dell'Olivetta e individuati i nomi dei responsabili dell'esecuzione: Reimers, in quanto comandante del presidio di Portofino, e Engel, l'unico che avrebbe potuto dare l'ordine di prelevare i prigionieri dalla IV sezione del carcere di Marassi. Una domanda, però, rimaneva in sospeso: quali furono, i motivi di quell'esecuzione così efferata? C'è chi ha ipotizzato ad una reazione non dichiarata in seguito alla "giornata della spia" indetta proprio pochi giorni prima, il 30 novembre, durante la quale i partigiani avevano mostrato di avere grande forza e autonomia d'azione, ed avevano giustiziato varie spie al servizio dei nazi-fascisti. Una sorta di vendetta, quindi. Un'azione punitiva che la follia della guerra tradusse in 22 vite spezzate. Un episodio che i portofinesi non dimenticarono. Tanto da dedicare la piazza più importante del Borgo alla loro memoria. Un ricordo che viene celebrato ogni anno, all'inizio di dicembre, nella ricorrenza di uno dei fatti più tristi della storia di Portofino.
Silvia Franchi
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Tratto da CORFOLE! del 12/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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