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attualità
12 Dicembre 2011 | in categoria/e attualita
La delusione della promessa non mantenuta dai professori, a lezione sotto i bombardamenti e la minestra ‘con sorpresa'
Nello scorso numero ricordavo la vita in Seminario fra rigore e gratificazioni. Tanti i ricordi belli e anche le prime delusioni. In terza media la più cocente. Si era pensato di far sostenere per la prima volta l’esame di stato di terza media. Il Rettore aveva stabilito con noi un giocoso patto: “Se fate fare bella figura al Seminario, dopo l’esame vi mando a casa”. La cosa era plausibile perchè l’anno scolastico in Seminario si chiudeva ai primi di luglio dopo le feste di N.S. dell’Orto mentre l’esame avveniva ai primi di giugno: c’era un motivo in più per applicarsi allo studio!
I risultati furono brillanti: molti di noi ottennero l’ottimo e qualcuno il distinto. Ma il patto non fu onorato, anzi seguirono giorni di maggior severità incrinando la fiducia che avevamo nei superiori, senza certo reagire. Non ne ho la certezza, ma penso che questo fatto sia stato la causa prima delle defezioni che seguirono nel tempo. Qualcosa si era destabilizzato anche dentro di me perché la ritenevo un’ingiustizia.
Ma ho anche ricordi molto belli. D’estate si andava “in villeggiatura” nel Seminario rurale di Montemoggio dove si studiava ancora ma con minor intensità e restano indimenticabili le belle passeggiate, le raccolte mostruose di funghi, i bei giochi nei frondosi boschi, l’assalto agli alberi di frutta che secondo tradizione “compravamo”, si pagava cioè il diritto di spogliargli dei frutti.
Ho un ricordo indelebile della vacanza estiva trascorsa nel Seminario di Bedonia. Dal punto di vista culturale ho potuto ammirare il Museo naturalistico e archeologico e il magnifico Santuario della Madonna di S.Marco, uno splendore di stucchi e ori abbaglianti. C’era grande tolleranza, così andavamo a pescare le trote nel fiume Taro, raccoglievamo i gamberi d’acqua dolce e per la prima volta vidi una lontra sguazzare in un ampio avvallamento del fiume. Non dimentico anche un raccapricciante episodio…culinario. Eravamo a Montemoggio.
Con la guerra i pasti ci venivano serviti bene o male, non abbondanti ma con regolarità. Un giorno notai nel mio piatto qualcosa di strano. Mi voltai verso i miei compagni in senso interrogativo e, non potendo parlare perché c’era silenzio, stavo col cucchiaio sospeso nella mano destra cercando di capire la reazione dei compagni. Qualcuno cominciò la meticolosa opera di…bonifica: i vermetti venivano posti sull’orlo del piatto facendo una corposa corona. Lo feci anch’io perché come dice il proverbio “o mangi quella minestra o salti dalla finestra” e con i tempi che correvano non era proprio il caso di fare il difficile. Per qualche giorno divenne un gioco divertente e le occhiate che ci scambiavamo erano molto eloquenti.
Frequentavo quello che veniva chiamato ginnasio con professori alcuni molto esigenti che, severi, hanno contribuito alla mia solida cultura, altri come quello di greco, buono e tollerante non mi stimolava ad amare la materia cosicché tra me e il greco ci fu sempre un conflitto insanabile! Frequenti erano gli allarmi aerei con un disturbo evidente della normale vita comunitaria perché si doveva correre al rifugio antiaereo che poi rifugio non era, fino al fatidico 10 giugno 1944 quando fu bombardata Chiavari e ... tutti a casa. Non era una spensierata vacanza. Dovevamo provvedere a lezioni private specie di latino e greco superando difficoltà enormi. Io, per esempio, mi recavo a piedi salendo a S.Marco d’Urri dal parroco che si era offerto di aiutarmi e per di più gratis. Due ore all’andata e quasi altrettante al ritorno, sempre esposto al pericolo perché dalle postazioni di Colle Caprile i tedeschi cannoneggiavano sul monte di Ognio, ritenuto covo di partigiani. E dovetti rinunciare.
Vittorio Rosasco
Fonte: Vittorio Rosasco © Riproduzione vietata
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