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    attualità

    02 Novembre 2011 | in categoria/e attualita

    IL LIBRO DEL MESE - "Piccoli martiri"_ a lavorare già a cinque anni, come accattoni, suonatori di organetto o in vetreria: è la tratta dei bambini nel Levante

    IL LIBRO DEL MESE -

    Il libro di Francesca Di Caprio Francia, scrittrice genovese, è frutto di ricerche e raccoglie numerosi riferimenti al territorio del Levante ligure riguardo un tema scottante: quello dello sfruttamento dei bambini dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri. Se la prima parte è dedicata ai cenni storici, la seconda è incentrata sull’infanzia sfruttata: un vero e proprio mondo sommerso, che merita di essere rimesso in luce. Anche perché, che si voglia crederlo o no, le nostre zone sono ricche di episodi di abbandono, o nel peggior dei casi, di figli cresciuti nello sfruttamento da parte di aguzzini che gli riservavano un triste destino. “A fine 800 molti bambini venivano abbandonati nella ruota o sui gradini delle chiese, e poi portati in Municipio, dove veniva compilato un minuzioso verbale, e infine inviato in ospedale: anche Chiavari non è esente di questi episodi, anzi ne era piena – racconta la scrittrice, che recentemente ha presentato il libro alla Società Economica – Molti esposti, deboli e denutriti, morivano di stenti nei primi giorni; i sopravvissuti avevano una mortalità del 33%”.
    Lo sfruttamento dei bambini come forma di sopravvivenza: da Chiavari e dalli Valli Fontanabuona, Aveto, Graveglia
    Molti contadini, per sfuggire alla povertà, fame e coscrizione militare, emigravano poi nelle più importanti città d’Europa, per esercitare mestieri girovaghi, di semiaccattonaggio e di sfruttamento del lavoro minorile: “Nella Valfontanabuona, dai comuni di Cicagna, Moconesi, Neirone e Orero, partivano annualmente alcune centinaia di uomini, donne e bambini per il nord Europa, per esercitarvi il mestiere di suonatore ambulante e girovago e per sfuggire alla miseria. Tra essi c’erano da un lato padroni, dall’altro garzoni, obbligati ad una vita stentata; i bimbi erano sottoposti ad ogni genere di sopruso. Queste attività, anche  nel chiavarese e nelle valli Graveglia e Sturla rappresentavano un mezzo per sopravvivere e anche i fanciulli dovevano partecipare”. Esisteva quindi una vera e propria tratta dei bianchi. A fine 800 i principali centri del triste fenomeno risultavano in diversi villaggi della riviera ligure e dell’Appennino apuano: Santo Stefano d’Aveto, Borzonasca, Varese ligure, Cicagna e dintorni di Chiavari. “Proprio alle porte della città cominciava l’area di traffico e risaliva le valli” ricorda la Di Caprio.
    Suonatori di organetto a 8 lire al mese, venditori di gelati o caldarroste ma anche a fondere vetro in forni da 1400 gradi
    Varie le testimonianze che oggi emergono alla luce: se l’autrice cita il libro “Vagabondi, commedianti, cantastorie” di Giorgio Getto Viarengo che parlava di un certo Giovanni Battista Massa partito da Chiavari con altri fanciulli per fare il suonatore di organetto a Londra, non passa inosservata neanche una certa Anna Bacigalupo di Ne anch’essa condotta a Londra per suonare a otto lire al mese e morta di maltrattamenti e freddo a soli 16 anni. Tante storie, tanti antenati: tra le figure ‘sfruttate’, compaiono anche quelle dei gelatai ambulanti, che attiravano i figli delle famiglie contadine con l’offerta di buoni guadagni e che in realtà nascondevano atroci sfruttamenti: “La vendita di gelati in estate e delle caldarroste, o dei pesci fritti e patatine in inverno procurava un discreto profitto: forse tra i lavori minorile erano i ‘migliori’ visti altri insopportabili trattamenti, anche se non mancarono contrasti e abusi”.
    Ma non finisce qui: molte famiglie, un po’ per povertà, un po’ per garantire un futuro diverso ai propri figli li affidavano a procacciatori che non si facevano scrupolo a farli lavorare anche alla tenera età di 5 anni. Tra i lavori più penosi emergono quelli nelle vetrerie francesi, ovvero quello dei gamins: “I bambini dovevano restare a lungo davanti al forno esposti ad una temperatura micidiale di 1400 gradi, mentre altrettanto duro era il lavoro per i porteurs, addetti al continuo trasporto delle bottiglie da un luogo surriscaldato ai locali di raffreddamento”. Situazioni di sfruttamento che ci appaiono oggi lontane, ma l’autrice ricorda: “In molti Paesi sottosviluppati l’infanzia felice è ancora un diritto da conquistare e diversi sono gli episodi di violenza, anche atroci. Tornare indietro nel passato può aiutare, oggi, a capire il presente”.

    L’autore. Nata a Genova, Francesca Di Caprio Francia si è laureata in Lettere e specializzata in Filologia classica. Dopo numerose esperienze professionali in Italia e all’estero, ha insegnato italiano e latino nei licei. Diverse le pubblicazioni sin dagli anni Novanta. Già responsabile dell’Ufficio di educazione alla salute al Provveditorato agli studi di Genova, la Di Caprio è  stata di recente coordinatrice delle relazioni europee della Fildis, vicepresidente della società Dante Alighieri di Genova e consigliera dell’Accademia dei cultori di storia locale di Chiavari.

    Claudia Sanguineti
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    Tratto da CORFOLE! del 11/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata


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