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    attualità

    09 Luglio 2011 | in categoria/e attualita

    Il mistero dell'oro ‘scomparso' - Quando nel fiume si trovarono pepite d'oro e ne parlarono le tv nazionali e i quotidiani americani: ma poi si scoprì che...

    Il mistero dell'oro ‘scomparso' - Quando nel fiume si trovarono pepite d'oro e ne parlarono
le tv nazionali e i quotidiani americani: ma poi si scoprì che...

    Chi, qualche settimana fa, si è trovato a passeggiare sulla parte “rossa” del lungomare rapallese, avrà forse notato la presenza di birilli a delimitare un telo di nylon appoggiato sulla pavimentazione. Sotto al telo una macchia che qualcuno ha definito «non ben identificata». Alcuni hanno parlato di possibili infiltrazioni dovute a un cedimento del manto. Altri, addirittura, di sangue. Fatto sta che la macchia, complice la pioggia, dopo qualche giorno è sparita. Lasciandosi alle spalle quell’alone di mistero che non è nuovo da queste parti. Già. Perché Rapallo, in apparenza tranquilla – per molti, pure troppo – cittadina di provincia, non è nuova ad episodi che, in modo più o meno incisivo, gettano per qualche giorno nello scompiglio residenti e non. Difficile a credersi? Per gli scettici, ecco servite alcune prove.  Marzo 1994: Remo Brigati, proprietario del maneggio delle “Acque Fredde”, stava risalendo il torrente Santa Maria, in sella al suo cavallo Tuco. Ad un certo punto scorse uno strano luccichio nel greto del corso d’acqua. Scese da cavallo. E notò che il bagliore proveniva da quelli che parevano frammenti d’oro. Li raccolse. E li portò all’orafo Dodo Mariani, in via Magenta, per farli esaminare. Il responso fu inequivocabile: «E’ oro!».
    La notizia rimbalzò velocemente tra le vie della città e oltre: il torrente Santa Maria come il Klondike. E Rapallo al centro delle cronache nazionali e non solo per via dello straordinario ritrovamento. «Peccato che si trattasse di uno scherzo – racconta sorridendo Emilio Carta, giornalista e scrittore rapallese – Ad architettarlo, un gruppo di goliardi che, ogni anno, all’approssimarsi del 1°aprile, si divertiva ad organizzare trovate di questo tipo». Della comitiva di burloni facevano ovviamente parte lo stesso Carta, Brigati e Mariani, ma anche il patron della manifestazione “Palco sul Mare” Max Garbarino, l’avvocato ed ex assessore comunale Francesco Errico, l’ex dirigente della Asl 4 Pietro Cevasco, il veterinario Sergio Rapuzzi e il cantautore Rudy Biancardi.
    «Già in precedenza ci eravamo cimentati in scherzi sui generis: ad esempio, una vendita di biglietti per visitare la portaerei “Forrestal” in arrivo a Rapallo, o la raccolta firme contro l’abbattimento della Torre Civica, al posto della quale sarebbe dovuto sorgere un condominio – prosegue Carta – Poi, ci venne in mente la trovata delle pepite d’oro. Ma non avevamo certo preventivato la piega che avrebbe assunto tutta la faccenda». La notizia dell’aureo ritrovamento, infatti, “montò” a tal punto da approdare tra i servizi del Tg5 delle 20, e addirittura nelle pagine del New York Times. Si moltiplicarono le interviste agli esperti, alcuni dei quali asserirono che il Tigullio, in effetti, era catalogato come zona aurifera. Finché tutto giunse ad una svolta: la cosiddetta goccia che fece traboccare il vaso: «Una mattina arrivò il giornalista della Rai Tarcisio Mazzeo ad intervistare Remo Brigati per conto del programma “Unomattina” - prosegue Carta – Mentre i due stavano raggiungendo il luogo del ritrovamento, si accorsero che sul posto era già presente un anziano, che aveva in mano un setaccio. L’arzillo vecchietto mostrò poi alle telecamere un barattolo, dove effettivamente erano presenti frammenti d’oro, sostenendo di averli trovati nel corso d’acqua. Cosa del tutto improbabile. Perché quel signore non era affatto nostro complice. E probabilmente, cercando il classico quarto d’ora di celebrità, aveva sistemato l’oro nel contenitore prima di raggiungere il torrente. A quel punto, però, Mazzei contattò “Unomattina”, che lo mise in collegamento con il campione del mondo di ricerca aurifera nei torrenti per chiedergli un parere. In quel momento ci rendemmo conto che la cosa ci era sfuggita di mano».
    I goliardi temporeggiarono fino al 1° aprile. Poi, rivelarono tutto. Salvo il retroscena, che è rimasto ignoto fino ad oggi: «In realtà l’idea di partenza era quella di reperire dal museo di Storia Naturale di Genova un osso di dinosauro, per poi mettere in atto il presunto ritrovamento – continua Emilio Carta – All’ultimo, però, quello che avrebbe dovuto essere il nostro “gancio” all’interno del museo non se l’è sentita di reggerci il gioco. Al che, abbiamo optato per le pepite». Scelta che si è rivelata azzeccata visto il “polverone” sollevato.
    Una ribalta mediatica tale da indurre l’istituzione di un riconoscimento: per alcuni anni venne infatti indetto il premio nazionale “La Pepita di Rapallo”, che vedeva la consegna delle “pepite” e dei “pesci” d’oro e d’argento per i migliori scherzi nazionali e internazionali organizzati in occasione del 1°aprile. Sui manifesti che promuovevano l’evento, le fotografie del gruppo di buontemponi rapallesi, ritratti nelle pose più improbabili: ad esempio, in sella a motociclette con indosso giubbottoni di pelle stile Easy Rider. «Il tutto andò avanti ancora per qualche anno – aggiunge il giornalista rapallese – Poi, come spesso succede, con il passare del tempo il gruppo si sciolse. Ma da allora in avanti, nessuno, anche nelle città vicine, nonostante i tentativi riuscì a mettere in piedi uno scherzo di risonanza simile a quello dei frammenti d’oro nel torrente». Una bella soddisfazione, che Carta ha coronato suggellando le burle di cui è stato fautore con un acquisto davvero speciale: «Tre anni fa mi sono comprato una Harley Davidson, proprio come le moto usate per gli scatti fotografici con il gruppo di goliardi – conclude Carta – Finalmente, sono riuscito a coronare un sogno!». E questa volta non è uno scherzo.
    Silvia Franchi
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    Tratto da CORFOLE! del 7/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata


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