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attualità
09 Luglio 2011 | in categoria/e attualita
Bucce di patate: PILLOLE DI GUERRA - I ricordi dei soldati ma anche temi caldi come l'ospedale e la bomba di Recco rivisti attraverso poesie e racconti
Ogni terzultimo mercoledì del mese la biblioteca civica Ippolito d’Aste, di concerto con l’assessorato alla cultura del comune di Recco, ospita un gruppo di persone variabili di volta in volta per condividere la passione della scrittura. Gli incontri di marzo e aprile hanno riguardato temi scottanti per la popolazione e l’amministrazione: le due bombe della seconda guerra mondiale rinvenute nei lavori di scavo e la chiusura dell’ospedale. Il gruppo “Anna di Vienna” deve il nome alla fondatrice Anna Sparviero, insegnante genovese, che alcuni anni fa diede il via a Nervi alla rassegna di incontri, che si diffusero nella biblioteca di Recco e e poi in quella Millenaria di Ruta.
Nell’incontro dal titolo “Io sono la bomba” sono emersi i ricordi legati alle emozioni provate durante lo sfollamento del periodo bellico. Si è parlato di sciacallaggio, quando la gente spinta un po’ dalla fame, un po’ dalla disperazione, o semplicemente per vandalismo, si accaparra quanto riesce a trovare e distrugge quando non trova nulla. A Recco, durante la guerra, uno dei prodotti più ambiti era la legna, usata come combustibile e per svariati altri usi. raccontano i fratelli Gloria e Gildo. La famiglia Barbieri abitava a San Rocco di Camogli, luogo idoneo per “darsi alla macchia”, quindi zona battuta dai tedeschi, i quali talvolta entravano in confidenza con gli abitanti del posto. “Girava un soldato tedesco, probabilmente un polacco arruolato nelle truppe naziste, conosciuto come Antonio, ed era facile alle sbronze, tanto che i suoi ruzzoloni nelle fasce erano diventati popolari, soprattutto perché dopo aver scarpinato la terrazza per rimettersi in strada, cercava di darsi un contegno dicendo a chi lo guardava “fatto carrozzella!”
«I giovani soldati polacchi erano molto numerosi a Camogli - spiega Liliana, che all’epoca della guerra era una bambina biondissima - tra questi ve n’era uno che mi aveva preso in simpatia perché gli ricordavo una nipotina e ci portava sempre cibo. In generale tutti si facevano voler bene e quando dovettero partire per andare a combattere a Cassino, i camogliesi li salutarono con le lacrime agli occhi.»
Questo è il lato umano della guerra, dove anche i soldati si trovano a combattere contro la propria volontà e ricercano lembi di patria in un paese straniero. Succedeva che nei campi di concentramento i kapo soddisfacessero le esigenze dei tedeschi, a scopo di salvare la pelle: «Mio cugino aveva inventato un sistema che avrebbe rivoluzionato il campo delle radiocomunicazioni – racconta Carlo di Genova - ma il proprio genio non poté aiutarlo, anzi, servì agli scopi utilitaristici dei nazisti, mentre lui morì come deportato nei campi di Mathausen.»
C’erano poi coloro che stavano dalla parte dei fascisti, pur di mangiare e sperare di non venire ammazzato, erano i cosiddetti “traditori”, come il noto “Spiotta”, un fascista della Fontanabuona che perlustrava le case per controllare se c’erano partigiani. O ancora chi non temeva di affrontare a muso duro i tedeschi e con coraggio sosteneva i propri diritti, come racconta Rita di Uscio: «Dei miei parenti avevano un bar e vi andava sempre un tedesco a bere birra, ma non voleva mai pagare, la proprietaria del locale non si fece intimidire, si rivolse alle forze dell’ordine e si fece rimborsare dei debiti lasciati dal nazista.»
Nell’appuntamento “Morte di un ospedale”, indignazione e rabbia sono stati i sentimenti emersi negli scritti: «Non posso dimenticare il 7 settembre 81, quando, nel fervore dei festeggiamenti della Sagra del Fuoco, all’ospedale scoppiai di gioia al grido di nascita di mio figlio Riccardo» - racconta Luzzy. E nel racconto di Gildo si vive la morte dell’ospedale come il 28° bombardamento: «[…] Ventitré marzo 2011, ore sei del mattino, Recco: nessun sibilo incrina l’aria di cristallo, nessuna esplosione scompiglia il volo dei gabbiani. Silenzio. Ore sei e zerouno del mattino: una bomba solamente. Subdola, infingarda, insidiosa, metaforica, bastarda e meschina…ha colpito in silenzio l’ospedale di Recco. Una bomba sola, per la morte di un ospedale, e la memoria non può esimersi dal correre con subitaneo dolore a quei ventisette bombardamenti che già devastarono la città»
Cristina Parente
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Tratto da CORFOLE! del 7/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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