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attualità
05 Aprile 2011 | in categoria/e attualita
SPECIALE 25 APRILE- Bucce di patate e Pillole di guerra: Sepolti vivi per sfuggire ai rastrellamenti, i tedeschi travestiti da partigiani e l'ultimo desiderio di un condannato a morte
>>Parte da questo numero un ricordo dei tempi di guerra visti con gli occhi di chi li ha vissuti o con i ricordi di coloro ai quali sono stati tramandati. “Bucce di patate” non vuole essere una rubrica esaustiva né una voce di parte ma semplicemente una serie di racconti vissuti per lasciare una testimonianza in pillole di quei tempi. Racconti a volte apparentemente scollegati che hanno un senso per coloro che li hanno vissuti. Il nome della rubrica deriva da un racconto ricorrente che indica nella ricerca del cibo e in particolare dello sfamarsi con le bucce di patate un atto estremo di sopravvivenza. <<
Ecco la testimonanza che Antonio Boni, classe 1925, ci ha lasciato durante una lunga chiacchierata: “Della Guerra ho dei ricordi indelebili, ancora oggi a pensarci mi sembra di essere lì.... Ripenso con orrore a quando mio padre fece un buco di molti metri, nella piana zappata, e quando c’era odore di rastrellamenti mi ci nascondevamo tutta la notte, insieme ai miei tre fratelli. Solo ora penso che se avessero ammazzato mio padre saremmo morti sepolti vivi. Durante un altro rastrellamento ci nascondemmo in quatto dentro un enorme castagno, schiacciati, con i piedi in faccia. Al mattino un amico ci portò una ruota di focaccia unta d’olio: uno dei ricordi più belli di quei tempi...” Antonio ha ancora la voce ferma nel ribadire che la guerra è stupida e che lui non voleva fare del male a nessuno.
“Quando mi arrivò la cartolina per andare in guerra scappai al lago delle Lame per aggregarmi alla resistenza. Non volevo combattere, avevo la mia vita da carbonin. Fu dura... Quando ci spostavamo nei boschi avevamo a disposizione un cucchiaio di zucchero per tutta la giornata. Un giorno preso dalla fame mi precipitai verso un nocciolo, non avendo niente con cui rompere le nocciole le spezzai con i denti, come gli animali; però facevo troppo rumore e il superiore mi impose di non mangiarne più ma solo di raccoglierle.”
Ma ovviamente i ricordi peggiori riguardano gli orrori della morte. “Un giorno durante una ronda, udimmo sei persone non aggregate che cantavano inni partigiani, felici di incontrare nuovi compagni; alcuni dei nostri si diressero verso di loro, altri, come me, sentendo puzza di bruciato scapparono. Erano tedeschi travestiti. Era un’imboscata: fecero scavare una fossa e li uccisero uno dopo l’altro.” Il ricordo più struggente è rivolto ad un suo compagno di guerra. “Rinaldo, chiamato Cucciolo per la sua giovane età e il suo ancor più giovane aspetto, fu fucilato a Calvari nel Comune di San Colombano Certenoli. Io non ho mai voluto uccidere nessuno. Una volta, per un collaborazionista di Santo Stefano d’Aveto, catturato dalla nostra compagnia, venne dato l’ordine di fucilarlo da sei di noi. Io non me la sentii, al mio posto sparò un altro. L’ultimo desiderio del condannato era che portassero il suo cadavere nella sua valle, e così fu fatto.”
Tratto da CORFOLE! del 4/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
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