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    edizione cartacea, storia locale

    di Antonella Carbone | 01 Marzo 2011 | in categoria/e edizione cartacea storia locale

    Maestri d'ascia: un lavoro prezioso in via d'estinzione - Di padre in figlio: al cantiere Viacava di Portofino si porta avanti una tradizione secolare tutta levantina

    Maestri d'ascia: un lavoro prezioso in via d'estinzione - Di padre in figlio: al cantiere Viacava di Portofino si porta avanti una tradizione secolare tutta levantina

    L’arte di costruire imbarcazioni si lega indissolubilmente alla Liguria e ad una delle principali attività del territorio: la pesca. Le imbarcazioni utilizzate ancora oggi,  come i tipici gozzi in legno a vela latina o i pescherecci, venivano realizzate da esperti depositari di un sapere artigiano del quale oggi si tenta a fatica di  mantenere il ricordo e la tradizione: i maestri d’ascia.
    Una figura a metà tra l’artigiano e l’artista, che porta con sé anni di fatica ed esperienza, perché non può sbagliare nemmeno di un millimetro. Passione per le barche, perizia e competenza sono il sale di questa professione, tutti elementi maturati nel corso del tempo, spesso sotto la guida di nonni e padri che tramandano l’abilità nell’adoperare l’ascia da una generazione all’altra. Il cantiere navale di Giacomo e Matteo Viacava si trova in uno dei borghi più belli del mondo: Portofino.
    . Un lavoro che segue tecniche antiche che permettono di plasmare le imbarcazioni come sculture, ciascuna unica, al contrario di quelle prodotte in serie. .
    Per ottenere una barca di buona fattura il lavoro del maestro d’ascia inizia proprio dalla scelta della materia prima. Occorre sapere tutto del legno scelto: l’età della pianta, le lune di taglio o linee, le eventuali malattie dell’albero e tutto questo per essere sicuri di utilizzare le piante migliori da cui ricavare i corsi di fasciame (le tavole della chiglia), le ruote, i braccioli, gli alberi e le antenne ma soprattutto il corbame, ovvero l’ossatura dell’imbarcazione.
    . La sagomatura era fatta con un attrezzo costituito da una lama di ferro ricurva con il taglio perpendicolare al manico: l’ascia. Una volta costruito lo scheletro, l’imbarcazione veniva portata a braccia giù per la mulattiera da quattro o anche sei uomini che si davano il cambio man mano che scendevano in paese. E finalmente la barca arrivava nel piccolo cantiere.
    Oggi, qui dai Viacava si respira oltre al profumo del legno e delle vernici, l’odore della passione. Ogni attrezzo, ogni gesto trasuda un amore smisurato per il legno e per le barche. Osservare il lavoro di Mino e di suo figlio Matteo è come leggere una poesia. Dai disegni in scala ridotta si passa alla realizzazione in dimensioni 1:1 col taglio delle tavole grezze per la chiglia e le ordinate. I passaggi più difficili (impossibili per i profani) sono quelli della piegatura del legno, a vapore: via via che le tavole aumentano il gozzo prende forma. Poi bisogna sapere dove collocare i diversi tipi di legno nella barca, a seconda della sua funzione.
    . Al completamento dello scafo, la barca verrà interamente “passata” a pialla e sarà la mano sapiente che “accarezzerà” il legno, in un muto colloquio tra i due, resi complici dall’amore per il mare. A questo punto si procede alla calafatura. Si passa una mano di manio sullo scafo e la barca è pronta per essere capovolta e passare quindi alla finitura degli interni: panche, carabottini, pernaccia prua e poppa, timone e paioli.
    Dal progetto alla realizzazione tutto è preordinato e preciso ma al tempo stesso non è mai esistita una barca uguale all’altra.
    E’ un lavoro difficile da tramandare perché occorrono molte competenze diverse: progettano, disegnano, costruiscono e infine varano l’imbarcazione e quasi tutte queste operazioni vengono fatte a mente. Ogni imbarcazione è un pezzo unico, creato per quello scopo e in grado di adattarsi alle caratteristiche di quel mare, con il fine di creare l’imbarcazione migliore possibile, veloce e al tempo stesso sicura. In quest’epoca di tecnologie e di cose fatte in serie, e con la carenza di posti di lavoro, dovremmo dare un’ opportunità ai giovani di imparare un mestiere antico attraverso scuole e moderni corsi di specializzazione, mantenendo al contempo vive le nostre tradizioni.

    Tratto da CORFOLE! del 3/2011, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata


     


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