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    attualità

    01 Ottobre 2008 | in categoria/e attualita

    Le lampare, le nasse e le bianche vele: a Camogli rimane il Dragun a ricordare i fasti del borgo marinaro

    I pescatori tirano i remi in barca mentre la storica nave simbolo della città salpa per l'Argentina in omaggio agli emigrati liguri
    Le lampare, le nasse e le bianche vele: a Camogli rimane il Dragun a ricordare i fasti del borgo marinaro

    Dagli ultimi piani dei palazzi affacciati sulla passeggiata di Camogli il mare a perdita d’occhio è un compagno sin dai primi ricordi legati all’infanzia.
    Camogli è un tributo reso al mare, un anfiteatro eretto per ammirarne la smisuratezza, Camogli è un paese che nel mare ha sempre trovato la propria ragione, nella navigazione e nella pesca ha costruito la propria identità.
    Adriano è un pescatore e tramite i suoi ricordi dipinge un mondo sconosciuto ai più giovani: ”La prima volta che ho calato una lampara a braccia avevo 18 anni, ero a Sestri Ponente e andavamo per acciughine dentro lo specchio d’acqua dell’aeroporto. Io pensavo di andare più che altro a guardare. Invece eravamo in tre: uno sul chiaro, l’altro sui remi ed io: ”Cala” mi dicono e poi mi fanno salpare, quando sono arrivati gli anelli al bordo ero già morto e da li cominciava il lavoro vero e proprio. Adesso c’è il verricello e la fatica è notevolmente ridotta.”
    E il porticciolo di Camogli? ”Per iniziare, conta che 30 anni fa c’erano 6 o 7 gruppi di lampare, qui nel porto, al posto dei tavolini dei bar, c’erano 4 o 5 camion e tutta la notte c’erano persone che lavoravano in banchina. Come pesca delle mattine c’erano cinque, sei, settecento casse di pesce. A volte acciughe a volte sardine, poi ricordo gli anni dei lacerti. Una volta si pescava di più perché le barche erano più numerose, oltre alle lampare, c’erano i pescherecci, i tremaglini, i palamiti e le nasse. Intorno al mondo della pesca ruotava moltissima gente. Adesso è tutto cambiato, siamo una specie in via d’estinzione e se consideri che per uscire ci vogliono 500 euro a botta, dopo due volte che non peschi niente non ti basta un quintale di pesce per coprire le spese. Una volta la benzina ci costava 500 lire al litro”.
    Se la pesca, uno dei simboli del paese, è in declino e il tempo sembra aver ridotto Camogli ad un’ombra di quella che era, un altro simbolo della città, attraverso la navigazione, quello stimolo a cercare fortuna andando per mare, cerca di resistere al passare degli anni. Il Dragun infatti si appresta finalmente a tornare in acqua. Per chi non lo sapesse, U Dragun è l’imbarcazione a remi e a vela che dal 1968 porta in tutto il mondo la ciurma di marinai camoglini, da Venezia a Parigi, da Londra a Budapest, da New York a Strasburgo, gli appuntamenti sono stati molti, molte le regate storiche come la regata delle Repubbliche marinare nel 2000, o la traversata Atlantico – Mediterraneo che fra il 2001 ed il 2002 ha portato u Dragun da Bordeaux a Marsiglia. Purtroppo, in seguito all’ultimo restauro eseguito nel 1992 e con la successiva scomparsa del capo Ido Battistone, nel 2005 la barca andava via via deteriorandosi.
    Andrea Costa, il falegname che si è occupato dei lavori allo scafo insieme ad un nutrito gruppo di volontari, racconta del restauro ed annuncia che "U Dragun tornerà solenne come un tempo e a Novembre partirà per l’Argentina, terra di emigrati xeneises". U Dragun secondo il programma percorrerà i circa 600 Km di percorso scendendo per il Rio Paranà, partendo dalla città di Santa Fé, sino a giungere nel Rio de la Plata verso Buenos Aires, in particolare verso il quartiere Boca, luogo di approdo dei molti genovesi emigrati e dove nel 1800 arrivavano anche i brigantini di Camogli carichi di persone in cerca di una nuova vita.
    Oggi come allora in cerca di avventura, non per sopravvivenza, ma per conservare il valore delle tradizioni marinaresche che hanno reso celebre in tutto il mondo la città dei mille bianchi velieri, oggi come ieri per tenere intatta quella fitta rete di ricordi che ci lega ad un mondo che ormai non c’è più.
    E come per gli emigranti di allora e le loro valigie di cartone e come per i pescatori di una volta, silenziosi e sinceri, un lembo della nostra memoria sarà occupato da storie di marinai e terre lontane, ricchezze inesplorate e racconti esotici, il lembo di terra conficcato nel mare, una memoria che stringe a sé i ricordi che ha più preziosi.
    Fabrizio Dentini


     


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