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attualita, cultura, edizione cartacea, storia locale
di Cristina Parente | 04 Giugno 2013 | in categoria/e attualita cultura edizione cartacea storia locale
Di come le acciughe hanno cambiato la storia dei cognomi. Genealogia: una strana passione nata in...cimitero
Tra il serio e il faceto il recchese Riccardo Ferrarini ci conduce nel mondo misterioso delle origini delle famiglie
Ha poco più di venti anni e fin da bambino si è appassionato a trovare i rapporti tra le parentele, alla ricerca di vite passate che, talvolta per caso, si riaffacciano sul presente. In questa intervista ci porta alla scoperta della genalogia e ci svela qualcosa di questi rari studi che ha affrontato anche nei suoi corsi in biblioteca a Recco. Attraverso i suoi racconti scopriamo che la genealogia non è soltanto una materia scientifica per ricostruire il passato, il cosiddetto albero genealogico, ma è un argomento misterioso e affascinante, che rivela fatti imprevedibili. Prendiamo l’esempio di una famiglia recchese di origini toscane e vediamo cosa ha scoperto Riccardo grazie ai suoi approfonditi studi.
I giochi del destino ‘muovono’ le famiglie
Viaggiando nel passato e cavalcando ben due secoli di storia, ho potuto scoprire che suddetta famiglia, ora trapiantata a Recco, non ha sempre avuto origini toscane. A un certo punto nell’albero genealogico una donna di nome Maria Rosa Olivari, cognome di indubbie origini camogliesi, aveva sul suo atto di morte del 1883 come luogo di nascita ‘’Rua”, scritto letteralmente come risultava dalla fonetica del dialetto genovese. Chiaramente “Rua” significa Ruta di Camogli , infatti è proprio qui che parte della famiglia aveva avuto origine, come confermato poi dai registri della parrocchia. Questo fatto mi ha portato a conoscenza di un’usanza molto nota all’inizio del 1800: l’emigrazione verso il Gran Ducato di Toscana (in genere Livorno o la Gorgona) per la classica usanza della pesca delle acciughe. Talvolta le famiglie ritornavano dopo mesi, talvolta si trapiantavano nel nuovo territorio toscano creando lì il loro nuovo contesto famigliare. La curiosità vera e propria sta nella storia che in qualche modo, per richiamo o semplicemente per caso, può ripetersi anche a distanza di due secoli, per un gioco del destino che fa tornare inconsciamente i discendenti di una famiglia camoglina trapiantata in Toscana da oltre sei generazioni proprio nel luogo di origine. La ricerca genealogica non è soltanto studio del passato, perché proprio grazie alla scoperta di come vivevano i nostri antenati, in che tessuti sociali si sono naturalizzati e soprattutto in che cosa si adoperassero giorno per giorno, può esserci non solo di aiuto ma anche motivo di ispirazione.
- Come si diventa ‘detective’ dei cognomi?
“Prima di tutto bisogna imparare a conoscere il mondo della burocrazia e della legge dei comuni e delle parrocchie, non solo per le tipologie di documentazione, soprattutto atti di nascita, di morte e di matrimonio, e i modi in cui essi venivano redatti, ma anche per la stessa storia dei nostri territori, poiché l’esistenza o meno di determinati uffici influenzò più di quel che si immagina e modificò le abitudini degli abitanti. Attraverso tali strumenti si può fornire un sistema di valori oggi purtroppo dimenticati e che, rafforzando noi stessi, rinvigoriscono anche il mondo famigliare che ci circonda.”
-Come ti sei avvicinato alla genealogia?
Non c’è un momento preciso, ma tre fatti significativi. Il primo risale a quando ero molto piccolo, avrò avuto 6 o 7 anni, e mia mamma mi portava alla tomba di famiglia a Migliarino (Ferrara), dove mi spiegava le varie relazioni che intercorrevano tra i defunti, anche perché io ero molto incuriosito di approfondire alcuni aneddoti di famiglia. Il secondo l’attribuisco sicuramente all’assenza di mio papà fino dall’età di 16 anni, una mancanza di radici che ha inciso molto sulla spinta della ricerca genealogica. Infine l’impatto che ebbe su di me un documentario che fece Piero Angela proprio sulla ricerca genealogica, quando avevo all’incirca 10 anni. Ho iniziato come autodidatta, facendo ricerche sulla mia famiglia sin dal 2005, trascrivendo i ricordi, poi verso il 2007 mi sono avvicinato ai comuni e alle chiese. Ho seguito dei corsi e ho studiato rari testi in italiano sull’argomento, sino a diventare un esperto nel settore. Il mondo della genealogia in Italia è poco conosciuto rispetto all’estero dove esistono degli incaricati comunali competenti, appositi albi e addirittura università e accademie.
-E ora sei tu a tenere corsi di genealogia?
Sì nella biblioteca a Recco, di cui sono responsabile, e quest’anno si è tenuto il secondo corso, data l’ottima risposta da parte dei partecipanti, che sono raddoppiati. Sono curiosi di conoscere il proprio albero genealogico, ovvero un grafico delle informazioni sulla famiglia di origine che riesci a trovare in documenti di ogni sorta, da quelli ufficiali dei comuni a dei ‘’pagherò’’ di fine ‘400.
-Ci anticipi qualche scoperta?
Sì, anche se ancora non posso svelare i particolari. Curiosando tra le biografie dei grandi autori mi sono imbattuto in quella di Giovanni Verga e sono stato attratto dall’esistenza di tre grandi dubbi: il luogo e la data di nascita e il cognome della madre. Ho quindi intrapreso una ricerca in base alle conoscenze che avevo acquisito, basandola sui documenti ufficiali della famiglia e sulla storia di Catania dell’epoca. Sono giunto al risolvimento dell’enigma, e questi tre grandi misteri della vita dell’autore siciliano verranno presentati, o meglio svelati, il prossimo ottobre a Recco con una conferenza a lui dedicata.
Tratto da CORFOLE! del 6/2013, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
I commenti dei lettori
Lilla:
Ti faccio i complimenti per queste tue ricerche. Anche a me è capitato di andare a cercare negli archivi del municipio di Camogli per trovare, nel caso specifico, date di nascita e morte, matrimoni, ecc del personaggio reale di un mio libro. E ho trovato tutto. Per quanto riguarda la Gorgona e la pesca delle acciughe anche su quello ho scritto, ma non sapevo che alcuni camogliesi si fossero poi trasferiti in Toscana, forse in seguito, perché quando partivano da Camogli non portavano le famiglie, ma solo i figli. Magari trovavano poi in quella terra maggiori opportunità, la pesca delle acciughe era una vita dura !!1
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