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cultura, edizione cartacea, storia locale
di Maura Bregante | 06 Settembre 2012 | in categoria/e cultura edizione cartacea storia locale
“Voî sei quelli de patote”: dimmi come parli e ti dirò... dove abiti
Le sfumature del genovese, lingua parlata anche in Piemonte, Sardegna e in Francia
C’è chi lo considera poco elegante, volgare, poco alla moda, una lingua ormai per “anziani”. E c’è chi lo trova una lingua poetica, addirittura da salvaguardare per scongiurare il rischio di perdere le proprie origini. I dialetti italiani sono numerosissimi, alcuni come il friulano il sardo ed il ladino parlato in alcune zone del Trentino Alto Adige vengono studiati e approfonditi nelle scuole locali. Secondo Pasolini queste varietà linguistiche colorite e ricche di sfaccettature proprie della nostra Penisola andavano difese, custodite gelosamente poiché rappresentavano la vivacità e la spontaneità dell’italiano parlato non influenzato dai mezzi di comunicazione.
Che dire del nostro dialetto? Si parla anche in Piemonte e in Francia!
Il genovese o più ampiamente chiamato ligure appartiene al ceppo delle lingue romanze, è parlato in tutta la Liguria, e non solo, ad esclusione della zona vicina a Sarzana; la Lunigiana. Infatti, anche se con molte diversità locali, si utilizza nella provincia di Cuneo, in Val Tanaro e Val Garessio, nell’alessandrino tra Ovada, Novi Ligure, Gavi, Valle Scrivia per arrivare in Val Borbera e Val Trebbia in provincia di Piacenza e proseguire in Val di Taro e Bedonia in provincia di Parma. Noi liguri ci emozioniamo molto anche quando giunti in Sardegna tra Carloforte e Calasetta sentiamo parlare genovese; qui infatti nel lontanissimo 1541 la ricca famiglia genovese dei Lomellini aveva in concessione la zona al fine di praticarvi la pesca del corallo, così numerosi genovesi, soprattutto provenienti dalla zona di Pegli furono invitati ad insediarsi in quel luogo per avere un’opportunità di lavoro. Ma, grazie al dialetto, possiamo sentirci a casa anche all’estero: in Francia in Val Roia, a Mentone in Corsica a Calvi per citare altre zone.
Tra giovani e anziani crea complicità
Nelle nostre zone il genovese è utilizzato molto dalle persone anziane, abbastanza tra la generazione dei nostri genitori, e quasi pe rniente tra i giovani, che usano il dialetto solo quando si rivolgono a persone più grandi di loro anche per creare una sorta di “complicità”.
Come cambiano le parole da zona a zona
Anche da noi da zona a zona ci sono numerose differenze tra le parole! Una molto curiosa riguarda i pomodori chiamati in riviera erroneamente pomate mentre in Val Fontanabuona tomate, dall’inglese tomatoes, come anche i carciofi: articiocca, dall’inglese artichoke. C’è poi la mela da noi mei o più usato meia che diventa pommo da altre parti. Le patate dette patatta, a Riva diventano patote: infatti ricordo da piccola un episodio di una signora sestrese che parlando con mia madre e facendo riferimento a Riva disse scherzosamente: “Voî sei quelli de patote”.La stufa ancora detta stûffa nell’entroterra stîa; o ancora casa detto semplicemente casa oppure cà.
Poetico, divertente, commovente: il dialetto entra nella nostra vita
Che il dialetto genovese diventi arte lo sappiamo già quando ci commuoviamo ascoltando le parole di Ma se ghe penso.
Visse e lasciò molti scritti tra la fine del XIII e l’inizio del XIV un certo Luchetto, meglio conosciuto come Anonimo Genovese: compose alcune poesie in volgare genovese che avevano svariate tematiche, dall’orgoglio per la città di Genova alla critica soci-politica dell’epoca e la religione. Scoperto da Matteo Gaetano Molfino nel 1821, il codice contenente gli scritti dell’Anonimo Genovese sono oggi conservati all’Archivio Storico del Comune di Genova. Chi non conosce almeno il titolo di una commedia di Amerigo Armando Gilberto Govi meglio conosciuto come Gilberto Govi? Il suo viso simpatico e le sue espressioni sono inconfondibili, sembrava il classico vecchietto incontrato per strada con la voglia di scherzare. Nato a Genova nell’ottobre del 1885 è considerato il fondatore del teatro dialettale genovese. Nato nel quartiere popolare di Oregina, amava portare in scena le storie della gente comune. Si ricordano alcune commedie tra cui Pignasecca e pignaverde, Sotto a chi tocca, Colpi di Timone. La commedia I manezzi pe maja na figgia (I trucchi per far sposare una figlia) recitata a Milano nel 1923 fu l’inizio del successo dapprima nazionale e poi internazionali, tre anni più tardi infatti partì per una vera tournee in Sud America per raggiungere i numerosi italiani che si erano insediati laggiù e per poter far ridere a crepapelle anche quelle genti lontane.
Tratto da CORFOLE! del 9/2012, con 25.000 copie gratuite: la testata più diffusa del Levante © Riproduzione vietata
I commenti dei lettori
Maura:
Ciao Denise,
non volevo fare intendere la derivazione etimologica, anche se mi rendo conto di aver scritto "dall'inglese"; ma la strana e curiosa assonanza con queste parole inglesi.
Denise:
Veramente l'etimologia di "tomate" risale addirittura a Xitotomate (versione Azteca) o Nahuatl Tomatl (origine Messicana), mentre "articiocche" deriva dall'arabo e gli inglesi hanno tratto la parola "artichoke" adottando il termine genovese, non viceversa. Non è che l'Inghilterra sia proprio una terra di grandi campi di pomodori o carciofi! Non è molto plausibile che siano stati gli inglesi a "inventare" i nomi di piante tipicamente coltivate nel bacino mediterraneo!
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