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    attualità

    01 Luglio 2009 | in categoria/e attualita

    Da Rapallo, Recco, Sori, Chiavari e Favale al Cile: storie degli emigranti liguri nei ricordi di Teresa Portus Caprile

    Da Rapallo, Recco, Sori, Chiavari e Favale al Cile: 
storie degli emigranti liguri nei ricordi 
di Teresa Portus CaprileTeresa, il marito Pino e i tre figli Oscar, Marisol e Erica

    La storia di Teresa racconta l’esperienza di una ragazza cilena, che torna negli anni settanta nel paese da dove sua madre partì nel dopoguerra, Rapallo. Attorno alla sua vicenda si ricordano le esperienze del popolo ligure, che negli anni più duri ha cercato per tutto il mondo la propria suerte. Teresa è una donna bellissima come bellissima è estroversa, dolce e un poquito loca, è consulente della Yust, azienda che si occupa di fitocosmesi ed è membro del movimento di Kosen Rufu, un’organizzazione che si occupa di promuovere le iniziative educative, culturali e umanitarie più opportune per la realizzazione dei valori della pace nel mondo.
    La sua storia parte il secolo scorso e ancora prima da Talcahuano, in Cile, che in indio significa cielo che tuona ed è la più importante città marittima cilena, porto militare e industriale, con 250 mila abitanti: “Mia nonna, Teresita Schiappacasse Romano, è nata a Rapallo, mentre mio nonno Geronimo Arata Castagneto in Uruguay, ma all’interno della comunità ligure d’oltreoceano”, siamo sul finire dell’ottocento e il flusso ininterrotto di persone ricorda i viaggi della speranza di altre popolazioni di oggi. “Mia mamma Nelly Arata Schiappacasse è nata, come me, a Talcahuano, ma è cresciuta a Rapallo dove è arrivata quando aveva tre anni. Qui ha frequentato la scuola e ha vissuto la seconda guerra mondiale. Al finire del conflitto, nel 1948, spinti dalla mancanza di prospettive e dalla miseria, la sua famiglia decise di tornare in Cile, dove la comunità italiana e i suoi vincoli solidali, non avrebbero certo fatto mancare l’aiuto a una famiglia in cerca di speranza. Mio padre, Leocàn Portus invece nasce a Antofagasta, che in lingua india significa città del grande letto di sale, nel Cile del nord. Aveva il nome di un guerriero indio e faceva il pescatore. Mia mamma era figlia unica e vestiva come una principessa, quando si sono incontrati l’amore è stato a prima vista tanto da sposarsi subito nel 1949. Così nel 1957 nasco io Teresa, terza figlia dopo Geronimo e Orieta.”
    Che ricordi hai della tua infanzia?
    Ricordo il circolo italiano dove si radunavano tutti, c’erano parecchie famiglie di immigrati, la solidarietà era importante. Tanti arrivavano da Recco, Favale, Sori, Chiavari, Rapallo. Si ballava il liscio, si giocava a bocce, si mangiava la polenta e il prosciutto era tagliato all’italiana. Ricordo che nelle gite era immancabile la focaccia con le cipolle. Sentivo sempre parlare italiano anche se da noi si parlava il castillano. I liguri comunque mantengono ancora oggi salde le loro tradizioni e i rapporti con i cileni sono sempre stati buonissimi perché il popolo del Cile è molto accogliente. Nel 1960 poi, mio padre diventò sindaco di Talcahuano, ed essendolo stato per 9 volte consecutive, in Cile è passato alla storia, mi ricordo che per me le cerimonie ufficiali e i locali del Comune erano come una seconda casa.
    E quando sei tornata in Italia?
    Nel 1978 dopo 5 anni di dittatura. Al porticciolo di Rapallo ho trovato l’amore: mio marito Pino Caprile, ci veniva dopo la feste del PCI, a differenza dei cileni era alto, con un vestito bianco impeccabile, mi sembrava davvero un principe. E così sono rimasta a Rapallo per amore, lasciando tutto, famiglia, amici e il mio paese. Ma la vita mi ha premiato. I figli infatti, e ne ho avuti tre, Oscar, Marisol ed Erika, sono un dono, qualcosa che senti dentro il tuo essere.
    Teresa, come testimone privilegiata, che differenze vedi fra Cile e Italia?
    In Cile la gente ha voglia di divertirsi, di stare insieme. C’è più contatto con la natura, si va in campagna e i grandi giocano con i bambini...corse con i sacchi, la cariola, insomma ci si gode la vita, a differenza da qui, dove le persone sono molto diffidenti e non riescono a conoscerti mai fino in fondo. Quando sono arrivata mi sono trovata sola a confrontarmi con una mentalità più conservatrice mentre il popolo cileno è più spontaneo e affettuoso. Occorre guardarsi dentro e assumersi la responsabilità di dove sta conducendo il mondo, perché anche se è certo che la tecnologia progredisce e le cose vanno avanti, non bisogna mai perdere il senso della propria umanità.
    La vita è una sfida con noi stessi e Teresa ci consiglia di non perdere mai di vista il lato umano delle persone, quello che in Italia ultimamente si trascura un po’.
    Fabrizio Dentini
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